32° capitolo

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E due anni passarono: tra alti e bassi la mia laurea arrivò.

Quei mesi erano trascorsi veloci come un battito di ciglia. La mia relazione con Lorenzo proseguiva a gonfie vele. Non eravamo mai stati meglio insieme.

Se possibile ci amavamo ancora di più di prima: non c'era nulla che non sapessimo l'uno dell'altra.

Io poi avevo completato i primi tre anni di università. Ero consapevole che me ne mancavano altri due per completare il mio sogno, ma comunque l'idea di avere un "foglio di carta" in mano mi dava sicurezza, mi dava l'impressione di aver finalmente concretizzato una parte dei miei progetti e, credetemi, erano molti.


Quella mattina mi svegliai con un terribile morso allo stomaco. Era proprio il giorno in cui sarei diventata ufficialmente una "dottoressa".

Quando mi diressi in cucina Lorenzo mi stava aspettando, sveglio come un grillo, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.

"Buongiorno dottoressa"

"Non lo sono ancora, non portarmi sfiga"

Lorenzo si sedette e mi afferrò un braccio, trascinandomi sulle sue ginocchia.

"Ma come sei bella", mi disse a bassa voce.

Lo baciai.

Dopo circa un'ora suonarono alla porta i miei genitori che erano venuti ovviamente a vedere la mia "performance".

Io mi ero già vestita, nonostante mancassero ancora un paio d'ore al momento in cui avrei dovuto entrare al Politenico per poi uscirne con una corona d'alloro sul capo.

Lorenzo invece si trovò in una situazione di notevole imbarazzo essendo ancora in mutande. Io da parte mia mi trattenni dal ridere quando vidi il mio ragazzo diventare rosso come un pomodoro non appena si era accorto che i miei genitori l'avevano visto in quelle condizioni.

Non appena fu andato a rivestirsi mia madre mi disse: "complimenti per la scelta comunque tesoro".

"Che scelta?"

Mia madre inclinò leggermente la testa indicando la porta dietro alla quale era appena sparito Lorenzo.

Mi misi a ridere, pensando alla sua espressione non appena glielo avessi detto.

"Cosa si farà dopo la laurea? Avete progettato qualcosa?", mi chiese poi mio padre, fingendo di ignorare ciò che aveva appena detto mia madre.

"Non so, ha organizzato tutto Lori. Quando arriveranno gli zii?"

"Tra un'oretta. Lorenzo ci ha mandato l'indirizzo dell'hotel dove dormiranno quindi li ho mandati direttamente la..."

Strabuzzai gli occhi all'idea di Lorenzo che si metteva a pagare camere per tutti i miei parenti.


Due ore dopo ero davanti all'ingresso del Politecnico di Milano, con accanto Lorenzo da un lato e la mia migliore amica dall'altro. Dietro di noi i miei genitori e i miei parenti.

Trassi un profondo respiro e infine mi decisi ad entrare.

Ne uscii mezz'oretta dopo, raggiante. Avevo finito. Ce l'avevo fatta.

Lorenzo, la mia migliore amica e i miei genitori mi abbracciarono.

Prima di andare a pranzo il mio ragazzo mi trascinò nuovamente dentro all'università.

"Ma che vuoi fare?"

"Nulla", mi disse fermandosi in cima ad una scala. "Guarda qua", mi disse poi.

"Cosa dovrei guardare? Ci passo tutti i giorni"

"Non fa più paura"

"Come?"

"Entrare qui, non ti fa più paura"

Era vero. Non avevo più un briciolo d'ansia entrando lì dentro. Era bellissimo vedere quelle sale antiche con la consapevolezza di averci studiato e di esserne uscita a pieni voti.


Il pranzo fu fantastico. Lorenzo aveva prenotato un pasto meraviglioso in un elegantissimo ristorante di lusso.

Mentre mangiavamo ad un certo punto spuntò dalla porta d'ingresso Federico.

"Dottoressa, posso disturbare?"

"Ciao Fedee"

I miei parenti ( a parte i miei genitori che ovviamente ci erano abituati), rimasero sconvolti all'idea di me che abbracciavo come se nulla fosse un mito del calcio come Federico Chiesa.

Fede mi porse una borsa con all'interno un pacchetto regalo, mi diede un bacio sulla guancia e disse: "alla mia laureata preferita".

Ci abbracciamo. Per me Federico era come un fratello, gli volevo un mondo di bene.

"Ho saputo che hai scritto un libro, così ho pensato di darti una spintarella...", mi disse poi lui.

Impallidii. "Fede te l'ho solo dato da leggere, non avrai...."

"Aprilo", mi incitò, indicando il pacchetto.

Ne estrassi il mio libro. Faceva strano dirlo, eppure era così. Sulla copertina c'era il mio nome, e tutto ciò che c'era all'interno l'avevo scritto io.

Ero veramente senza parole.


Quella sera i miei genitori e i miei parenti erano destinati ad una cenetta per conto loro, mentre a me attendeva una serata organizzata interamente da Lorenzo.

Non avevo la minima idea di cosa avesse in mente, ma conoscendolo sapevo che di certo non sarebbe stato qualcosa di sobrio e tranquillo.

Mi fece vestire in modo elegante, ma comunque provocante. Indossai un vestito molto corto, nero, accompagnato da scarpe col tacco e borsetta dello stesso colore.

Verso le diciannove Lorenzo mi accompagnò in macchina e mi bendò.

"Odio non vedere dove vado", gli dissi.

"Lo so perfettamente"

"Grazie eh", gli dissi ridendo.

Mi baciò zittendomi.

Dieci minuti dopo sentii l'auto frenare.

Lorenzo scese dall'auto e mi aiutò a scendere. Mi accompagnò dolcemente, avvisandomi in caso di gradini o ostacoli vari sulla mia strada.

"Sei pronta?", mi sussurrò ad un tratto all'orecchio.

"Pronta"

Una frazione di secondo dopo restai completamente senza fiato.

Eravamo allo stadio di San Siro. Tutti i miei amici, da quelli del liceo ai calciatori con i quali ormai avevo legato molto, erano lì, sull'erba fresca del campo da calcio.

Al centro del campo c'era un palco. Tutto intorno agli spalti c'era una meraviglioso gioco di luci degno di una discoteca.

Aveva fatto tutto questo per me.


Lorenzo Chiesa || la prova che il destino esisteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora