48° capitolo

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Raccogliemmo velocemente il borsone che avevamo preparato ancora secoli prima per le "prove" del momento in cui sarei dovuta andare all'ospedale.

Momento che, finalmente, era arrivato.

Salimmo in macchina.

Ancora non sentivo dolori particolari. Ogni tanto qualche fitta, ma tutto sopportabile.

Il peggio doveva ancora venire.

Lorenzo continuava a chiedermi come stessi, se andava tutto bene. Io, dopo la decima volta, smisi di rispondere.

Quando arrivammo all'ospedale Lorenzo inchiodò in mezzo alla strada, chiedendo che mi aiutassero.

Continuai a ripetergli che non c'era problema, che ce la facevo da sola, ma non volle sentire ragioni.

Fui portata in sedia a rotelle fino ad una stanza singola. Fui fatta accomodare sul letto, mentre le infermiere mi accerchiavano per controllare le mie condizioni, e Lorenzo scalpitava in piedi, ancora più ansioso di me.

"Signora dovrà aspettare ancora un po'", mi disse un'infermiera, sorridendomi.

Rivolsi gli occhi al cielo. Ormai dato che il parto sarebbe arrivato a breve, non vedevo l'ora di togliermi il pensiero.

Rimasi stesa tranquilla sul letto, mentre Lorenzo telefonava ai miei genitori avvisandoli del parto sempre più imminente.

Furono felici di sapere che forse sarebbero riusciti ad arrivare prima della nascita del bambino, visto che il tutto sembrava andare per le lunghe.

Lorenzo poi rientrò, sedendosi su una sedia accanto al mio letto e tenendomi la mano.

"Allora, come ti senti?", mi chiese sorridendomi.

"Strana. Non posso ancora credere che tra qualche ora sarò mamma"

Mi accarezzò la guancia.

"E il papà come si sente?", chiesi sorridendo.

"terribilmente in ansia"

"non devi mica partorire tu"

"mi immedesimo", rispose Lorenzo.

Scoppiai a ridere, giusto prima che una fortissima contrazione mi facesse urlare di dolore.

Lorenzo, ovviamente, mi chiese come stessi.

E come sarei potuta stare?

Dopo una mezz'oretta arrivò anche la mia migliore amica, che nel frattempo era stata avvisata della situazione.

Entrò subito nella stanza in cui mi trovavo per abbracciarmi, e per dirmi che sarei stata una madre meravigliosa.

"speriamo", le dissi.

Lei mi abbracciò nuovamente. "Sembra ieri quando ci siamo conosciute in prima liceo, ed ora sei qui che stai per diventare mamma...."

Le sorrisi. Era bello avere un'amica come lei al proprio fianco. C'era sempre per me. Ricordavo anche io come fosse ieri il momento in cui si era girata verso di me per la prima volta e mi aveva detto: "ciao! Io sono Alessandra".

Da quel momento era accaduto tutto come un effetto domino: entro sei mesi eravamo diventate inseparabili.

Insieme avevamo coltivato il sogno di andare a Milano, insieme lo avevamo realizzato.

Ed insieme eravamo lì, anni dopo.

Era cambiato tutto nelle nostre vite da quel primo giorno di liceo, l'unica cosa immortale eravamo noi. Io e la Ale. Inseparabili.

Dopo un po' arrivò anche Federico, che mi abbracciò come un fratello. Perchè in fondo lui era a tutti gli effetti il fratello che non avevo mai avuto, quella persona che mi era stata accanto nei momenti più difficili della mia vita.

Poi ad un certo punto, sentii una contrazione atroce, che mi fece urlare di dolore.

Subito giunsero delle infermiere ed una dottoressa.

"E' arrivato il momento", mi dissero.

Trassi un profondo respiro. Ce l'avrei fatta. Ce la dovevo fare.

Lorenzo mi tenne la mano, finchè fui portata il sala parto.

Sentii che, mentre posizionavano il mio lettino al centro della sala, le infermiere vestivano Lorenzo appositamente per potermi restare accanto per tutto il tempo.

Ed infatti Lorenzo mi raggiunse qualche istante dopo. Mi prese la mano.

Lo guardai, con le lacrime agli occhi.

Non posso negare che fu dolorosissimo. Non avevo mai imprecato così tanto in tutta la mia vita.

Stinsi la mano di Lorenzo per tutto il tempo.

Ma alla fine, tutta la mia fatica venne ripagata nel momento in cui un'infermiera mi posò tra le braccia mio figlio.

Quando sentii la sua pelle sulla mia guardai Lorenzo, piangendo.

Non potevo credere che quel bambino fosse vero. Ed era nostro... era nostro figlio.

Osservai quelle manine piccolissime. Le strinsi e le baciai.

Avrei fatto qualsiasi cosa per quella creatura. Non avevo mai provato un amore così forte. Mai.

"avete già deciso come chiamarlo?", chiese un'infermiera sorridente.

Scossi la testa.

"allora vi lascio soli. Decidete con calma"

Dopo che l'infermiera fu uscita, Lorenzo mi disse: "io avrei un'idea..."

"dimmi"

"Mattia"

Riflettei un istante. "Mattia Chiesa... mi piace"

"approvato?"

"approvato"


Lorenzo Chiesa || la prova che il destino esisteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora