Lorenzo mi tirò giù dal letto alle dieci del mattino, mentre dormivo tranquillamente, cullata dai miei sogni.
Mi ricordai di quello che mi aveva detto la sera prima: saremmo partiti. Per dove o per quanto lo sapeva solo lui... o forse nemmeno lui.
Feci colazione in fretta e poi preparai le valigie, senza ben sapere cosa metterci. Vestiti eleganti o sportivi? Leggeri o pesanti?
Buttai dentro un po' di tutto, e un'ora dopo mi dichiarai pronta per partire.
Caricammo in macchina le valigie e partimmo.
Durante il viaggio fui cullata dal vento estivo che mi scompigliava i capelli, mentre nell'aria risuonavano le note delle mie canzoni preferite.
Di certo Lorenzo sapeva come farmi apprezzare il lunghi tragitti in macchina.
Ad un certo punto ci fermammo sul ciglio della strada.
Guardai Lorenzo con uno sguardo interrogativo e gli chiesi: "arrivati?"
"Ma ti pare?", mi rispose, scendendo dalla macchina.
Qualche secondo dopo mi stava legando una benda sugli occhi.
Maledetto chi aveva inventato le bende.
"Ma perchè mi devi sempre bendare?", gli chiesi piagnucolando, più che altro per prendere in giro questa sua strana mania.
"Perchè così non vedi dove stiamo andando"
"Almeno posso sapere se manca tanto?", gli chiesi, un po' spazientita.
"Nah", rispose lui.
"Che vuol dire nah? Vuol dire che non manca tanto o che non lo posso sapere?"
"Che non manca tanto"
Non gli feci altre domande, consapevole che altrimenti avrei rischiato di essere buttata giù dall'auto in malo modo (scherzo, ovviamente).
Circa un'ora dopo sentii l'auto rallentare dolcemente, mentre le voci della gente ci circondavano. Brusii di turisti, rumore di clacson.
Eravamo in una città, su questo non c'era dubbio. Tutto stava indovinare quale.
Ad un tratto ci fermammo. Sentii il suono della portiera che sbatteva, sinonimo del fatto che Lorenzo era sceso dall'auto.
Mi prese la mano, aprì la portiera dal mio lato e mi aiutò a posare i piedi sulla strada.
"Dobbiamo camminare qualche minuto, ma tranquilla, ti guido io", mi disse dolcemente.
"Stai tentato di uccidermi?", gli chiesi, ridendo.
"Ovviamente. Ti ci è sul serio voluto così tanto per capirlo?", mi rispose lui.
Scoppiammo entrambi a ridere, come solo noi sapevamo fare.
"Ci siamo", mi sussurrò qualche minuto dopo all'orecchio, slegando lentamente la benda e permettendomi così di tornare a vedere.
Rimasi a bocca aperta. Di fronte a me c'era una panchina. Ma non era una panchina come tutte le altre: era quella dove ci eravamo conosciuti. Quella su cui mi ero seduta tranquillamente a guardare i reel di Instagram, inconsapevole che la mia vita di lì a qualche istante sarebbe cambiata completamente, che di lì a qualche istante avrebbe fatto il suo ingresso nel mio mondo l'altra metà di me.
"Non ci ero mai tornata, da quella volta"
"Io sì, durante i tre anni in cui non stavamo più insieme"
Quella risposta mi lasciò di sasso. "Sul serio?"
"Sì. Avevo bisogno di riflettere, e credo non ci sia posto migliore del luogo in cui tutto è iniziato"
"Il luogo in cui tutto è iniziato. Fa un'effetto strano. Sono cambiate un sacco di cose da allora"
Ci sedemmo. Fu strano ritrovarsi lì, dopo nove anni.
"Cosa diresti alla te di nove anni fa? Quella che si era seduta qui ad aspettare le sue amiche?", mi chiese poi Lorenzo, voltandosi per guardarmi negli occhi.
"Le avrei detto di continuare a credere in se stessa, perchè tutti i suoi più grandi sogni erano destinati a realizzarsi"
Restammo in silenzio qualche istante, poi lui mi fece una domanda che mi spiazzò.
"Ti ricordi quella volta, durante l'estate dopo la maturità, in cui credevi di essere rimasta incinta?"
"Eccome se me lo ricordo Lori"
"Noi stiamo per sposarci", mi disse poi.
"Lo so"
"Non ne abbiamo mai parlato veramente, prima"
"Parlato di cosa?"
"Dei nostri figli"
Lo guardai, sorpresa. "Non credere che non ci abbia pensato... spesso"
"Anche io ci ho pensato molto..."
"e..."
"e mi piacerebbe moltissimo avere dei figli con te. Magari due"
Sorrisi. Aveva le idee chiare.
Proseguii io: "Magari un maschio, bello e impossibile come il padre... un piccolo Chiesa che scorrazza per i campi di calcio dimostrando al mondo intero il suo valore.
Poi si aggiunse Lorenzo: "e magari anche una femmina, bella e intelligente come sua madre, sempre con la testa sui libri, ma con grandi sogni nel cassetto destinati a realizzarsi"
"Allora è deciso", dissi io, ridendo, e abbandonandomi tra le sue braccia, posando la testa sulla sua spalla.
Mi baciò dolcemente la fronte.
Pensai di nuovo a quella ragazza che nove anni prima si era seduta lì, con un'autostima sotto lo zero, e che mai si sarebbe immaginata di tornare su quella panchina, anni dopo, per parlare dei suoi futuri figli.
Sorrisi e chiusi gli occhi.
Era meraviglioso stare lì.
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Lorenzo Chiesa || la prova che il destino esiste
RomanceUna ragazza tra tante, in un giorno tra tanti, incontra la persona che sempre aveva sognato di incontrare. Una storia d'amore tra Lorenzo Chiesa, giovanissimo e promettente calciatore, e T/n, ragazza di quindici anni con un mare di sogni da realizza...