Capitolo 32 - Baci sul collo

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Non spaventarti se senti le mie
labbra sul tuo collo,
non volevo baciarti,
è soltanto amore impacciato.
-Franz Kafka

Appuntamenti davanti a un caffè, passeggiate allo scoccare della mezzanotte e baci sul collo

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Appuntamenti davanti a un caffè, passeggiate allo scoccare della mezzanotte e baci sul collo.
Se la loro prima giornata insieme a New York si fosse dovuta riassumere in poche parole, sarebbero state proprio queste.

Si erano svegliati ancora in quella posizione, abbracciati, nessuno dei due aveva accennato a muoversi durante la notte.
Ember era poi tornata nel suo hotel, per potersi cambiare e si erano accordati di vedersi davanti ad un pittoresco bar dell'Upper East Side.

«È la prima volta che vieni a New York?» gli chiese lei, sorseggiando dalla sua tazza del latte caldo.

Damian si pulì la bocca con un tovagliolino. «No, ci ero già stato due volte» confessò e lei preferì non indagare oltre, perché era quasi certa del fatto che ci fosse stato con la moglie e non aveva alcuna volta di sentir parlare di lei in quel momento.

Ember terminò velocemente la sua colazione, per poi alzarsi e tendergli la mano. «Andiamo» gli disse, non curandosi del fatto che lui non avesse ancora finito di mangiare.

«Dove?»

«In un posto» rispose, restando volutamente sul vago.

Il professore la osservò fermare un taxi e poi la seguì all'interno di quella vettura. Durante il viaggio, cercò di capire dove fossero diretti e quando le colorate case del quartiere di SoHo si pararono davanti ai suoi occhi, si chiese davvero che cosa avesse in mente di fare.

Ember pagò il tassista, senza nemmeno dargli il tempo di provare ad offrirsi per farlo lui e poi lo prese per mano, trascinandolo giù dall'auto. Camminarono per quelle caratteristiche vie affollate, sorpassando parecchi negozi e gallerie d'arte. Fino a quando i passi della ragazza si stopparono davanti ad un palazzo la cui entrata era caratterizzata da alcuni gradini, delle colonne e una parte di facciata dipinte di nero.

Nessuna insegna e dalle vetrate, coperte da lunghe tende, non si intravedeva nulla. Sembrava una normalissima abitazione in quegli edifici a schiera, nulla a che vedere con ciò che avevano osservato fino a quel momento.
Ember prese a salire quelle poche scale, costringendolo, ancora una volta, a seguirla. Bussò alla porta con una cadenza ben precisa, facendogli aggrottare le sopracciglia. Qualche secondo dopo, un uomo abbastanza anziano venne ad aprire.

Era vestito in modo eccentrico, con colori sgargianti e dei grandi occhiali tondi, dalla montatura spessa. «Dicono che verrà a piovere» parlò la ragazza, confondendo ancora di più il professore, che nel frattempo si era perso ad ammirare l'interno di quel palazzo. Era antico, ma fresco di ristrutturazione. Quell'atrio dal pavimento in piastrellato chiaro era caratterizzato da un tavolino centrale con dei rigogliosi fiori posti sopra e dei muri interamente ricoperti di carta da parati a fantasia.

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