Capitolo 14 - Confessioni Inconsapevoli

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Vedo il meglio ed al
peggior mi appiglio.
-Dante Alighieri

Jodi aveva aperto la porta della sua camera, dopo una giornata di lezioni e di studio al limite dell'esaurimento

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Jodi aveva aperto la porta della sua camera, dopo una giornata di lezioni e di studio al limite dell'esaurimento. Voleva solo buttarsi sul letto, infilare la testa sotto al cuscino e maledirsi per aver scelto di seguire legge in una delle università più prestigiose e impegnative sulla faccia della terra.

Ma tutti i suoi programmi andarono in fumo, nel momento in cui davanti ai suoi occhi apparvero Ember e Carter e non la tranquillità della sua stanza.

I due stavano discutendo, anzi, stavano proprio litigando. «Mi hai mollato da solo come un deficiente. Ti ho aspettato per ore e non ti sei nemmeno degnata di avvisarmi» l'accusò lui, puntandole un dito contro.

«Oh, ma piantala, Carter. Ti ho dato buca per cena, non mi sembra il caso di fare tutta questa tragedia» rispose lei, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.

«Dio, ma perché sei così stronza? Davvero non te ne rendi conto di quanto, a volte, riesci a trattare di merda le persone?!» le chiese, gesticolando.

Non si erano nemmeno accorti di Jodi, che ancora se ne stava sulla soglia della porta, con lo zaino in spalla e due enormi libri tra le mani. La ragazza alzò entrambe le sopracciglia, scuotendo la testa mentre riafferrava la maniglia e usciva velocemente da quella camera.

«Ciao, Jodi. Sei appena tornata dalle lezioni? Hai studiato tutta la notte e volevi solo rilassarti, per caso?» disse, parlando con se stessa. «No, ma figurati, Ember. Continua pure ad usare la nostra stanza per litigare con il tuo ragazzo, io me ne andrò in biblioteca. Tanto non mi dispiace tornare ad essere circondata da quei libri, dopo un'intera notte passata in loro compagnia. Mi stenderò per terra, accanto a uno degli scaffali, magari un manuale di diritto penale mi colpisce in testa e posso finalmente riposare in pace» continuò a borbottare, mentre camminava lungo quel corridoio, diretta verso l'uscita dei dormitori.

Nel frattempo, Ember aveva alzato gli occhi al cielo per la milionesima volta da quando quella conversazione era iniziata.
Aveva dato buca a Carter, quando era stata lei a chiedergli di vedersi per cena e passare del tempo assieme. E non si era nemmeno preoccupata di avvisarlo, lasciandolo ad aspettarla, con quegli hamburger impacchettati, per ore. Sapeva di essere nel torto, di aver sbagliato. Ma il fatto era che, nonostante ciò, non riusciva a sentirsi comunque in colpa per quello che aveva fatto.

Si era scordata della cena, perché i suoi genitori le avevano incasinato la giornata e poi era arrivato Damian, che le aveva fatto completamente passare dalla testa qualsiasi cosa che non riguardasse lui.

Era stata male dopo l'incontro con Maxwell e Isidore. E poi era stata bene grazie al professore. Quindi non riusciva ad incolparsi per aver lasciato Carter da solo. Perché lei aveva bisogno di fare esattamente ciò che aveva fatto: stare lontano da tutti e intrattenersi con l'unica persona che ancora non la conosceva per davvero.

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