Capitolo 43 - Incompiuto

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Per un istante le nostre vite si sono incontrate...
le nostre anime si sono sfiorate.
-Oscar Wilde

Dopo una settimana, le cose erano tornate ad un'apparente normalità

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Dopo una settimana, le cose erano tornate ad un'apparente normalità. Damian, di nuovo in America, aveva ripreso le sue lezioni. Paul, costretto al riposo, stava lasciando fare tutto al figlio, scegliendo di vederla come una prova per capire se avesse preso o meno la decisione giusta di affidargli le aziende. Adelaide continuava a trattarlo con freddezza e non riusciva a convivere con la consapevolezza che ormai fosse davvero tutto in mano a suo fratello.

Ed Ember, lei si stava solo godendo gli ultimi momenti in quell'università. Era riuscita a parlare con il professore, gli aveva confessato della Brown e aveva atteso con ansia una sua riposta. Damian non si era voluto sbilanciare, tanto era un'incognita ancora e gliel'aveva detto. Le aveva parlato delle condizioni di Paul e di come stavano le cose nella sua vita privata ed entrambi avevano concordato sul fatto che la loro unica soluzione per viversi al meglio, fosse quella di farlo alla giornata.

Dovevano godersi tutto il tempo che avevano a disposizione, fino all'ultimo granello di quella sabbia che scorreva inesorabile nella clessidra della loro vita.
Non potevano farsi programmi, dovevano solo valutare giorno per giorno e scoprire se il successivo sarebbero ancora stati in grado di vedersi.

«Incompiuto, è la parola che a tutti viene in mente quando si nomina una determinata opera di Kafka» la voce del professore attirò l'attenzione di tutti in quell'aula, dopo la breve pausa che gli aveva lasciato. «Qualcuno vuole dire il titolo?» chiese, osservando i volti dei suoi studenti.

Ember alzò prontamente la mano e lui le diede la parola. «Il Processo» rispose, facendolo annuire.

«Esatto. Il Processo, è un libro scritto da Kafka, ma mai finito, perché l'autore, purtroppo, è deceduto prima di poterlo portare a termine. Lasciando così, nei lettori, molte domande senza risposte certe» spiegò, recuperando una copia dell'opera dalla cattedra. Osservò la copertina, ricordandosi la prima volta in cui l'aveva letto. Di solito aveva sempre amato la penna di Kafka, ma per quel libro aveva fatto fatica ad apprezzare la storia. Anche se, alla fine, dato il colpo di scena del suo essere incompiuto, gli era rimasto comunque ben impresso nella mente.

Non riuscì ad evitare di riportare quella situazione anche nella realtà. Il programma dell'anno lo aveva deciso mesi e mesi fa, quando ancora le cose con Ember non erano per nulla serie. Ma il destino aveva voluto, ancora una volta, far trovare ad entrambi un paragone nella letteratura con la loro storia.

Chissà se anche loro due sarebbero rimasti incompiuti come quel libro?
Avrebbero avuto il loro finale o non sarebbero mai stati in grado di mettere un punto?
Due persone che già di per sé erano incompiute, potevano essere in grado di creare qualcosa che non avesse buchi da tutte le parti?

«Qualche settimana fa vi ho chiesto di leggere quest'opera» ricordò agli studenti, tornando dietro la cattedra. «E adesso ho una domanda per voi: come credete che Kafka avrebbe voluto far finire il suo libro?» chiese, incrociando le braccia al petto.

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