Prologo - L'ennesimo giorno di pioggia

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Chi vive, quando vive non si vede: vive.
Se uno può vedere la propria vita,
è segno che non la sta vivendo più:
la subisce, la trascina.
-Luigi Pirandello

Lo sguardo perso, concentrato in un punto indefinito della stanza

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Lo sguardo perso, concentrato in un punto indefinito della stanza. Le mani a stringere quel foglio di carta, come fosse l'unica cosa alla quale aggrapparsi per restare a galla in quel mare di pensieri che invadevano la sua mente confusa. 

Damian Turner, se ne stava seduto dietro la sua cattedra in legno scuro ormai da fin troppi minuti. Minuti che, però, sembravano non scandire più quel tempo che, per lui, era diventato relativo.

Aveva terminato le lezioni per quel giorno ed era pronto a recuperare la sua ventiquattr'ore per tornarsene a casa. Quando una donna, che lavorava nella segreteria, era apparsa sulla soglia della porta dell'ampia aula. Un sorriso cortese sul volto e quella lettera salda tra il pollice e l'indice.

Non gli aveva detto molto, solo che dopo averla letta si sarebbe dovuto presentare nell'ufficio del rettore.

Nella realtà, al di fuori dell'incasinata testa di Damian, erano passati trentadue minuti da quella consegna. Un lasso di tempo nel quale aveva letto e riletto le parole che erano stampate sopra quel semplice foglio bianco, imparandole quasi a memoria.

L'università di Harvard gli stava offrendo una cattedra di letteratura nel suo complesso Kennedy.

Era un'opportunità per cui qualsiasi professore al mondo avrebbe ucciso pur di riceverla.
Ma allora, perché a lui provocava solo un'inspiegabile senso di nausea?

Insegnava ad Oxford, faceva già parte di una delle università più prestigiose al mondo. Amava il suo lavoro e amava la sua città. Non si sarebbe mai trasferito dall'altra parte dell'oceano per qualcosa che già aveva.

Questo era stato ciò che aveva pensato dopo una prima, veloce, lettura.

Ma era anche vero che la sua vita non lo soddisfaceva appieno. Un disastroso matrimonio, la monotonia che sembrava volerlo inghiottire da un momento all'altro e quell'incessante tristezza, strozzata ogni sera in una sigaretta.

Quindi, sì, dopo un po' aveva iniziato a pensarci davvero a quell'opzione di partire.
Di mollare tutto e andarsene lontano da lì.

Le varianti in gioco erano troppe però, per permettergli di prendere quella decisione così, su due piedi.

Pensò che forse avrebbe dovuto ascoltare ciò che il rettore aveva da dirgli. Che avrebbe dovuto chiedere anche un parere a sua moglie.
E solo a quel punto avrebbe preso una decisione.

Sì, era la via migliore da imboccare.

Decise di darsi una scossa, rompendo quella bolla formata dai suoi stessi dubbi e alzandosi in piedi. Ripose quel fatidico foglio nella sua valigetta, stando attento a non stropicciarlo, trattandolo come se fosse la pergamena di un'antico segreto.

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