Capitolo 5 - Brividi

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Gli occhi sono lo specchio dell'anima...
cela i tuoi se non vuoi che ne scopra i segreti.
-Luigi Pirandello

Non riuscendo a prendere sonno, scosso dall'ennesima lite che lui e sua moglie avevano avuto al telefono, aveva passato la notte in bianco

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Non riuscendo a prendere sonno, scosso dall'ennesima lite che lui e sua moglie avevano avuto al telefono, aveva passato la notte in bianco.
Aveva vagato un po' per l'appartamento, mettendo in ordine oggetti che già lo erano perfettamente. Dalla noia si era persino fatto la barba, tagliandosela del tutto e pentendosene un po' subito dopo.

E poi il sole aveva iniziato a colorare il cielo di mille sfumature calde e lui aveva ammirato quell'alba mentre si trovava seduto sul suo divano grigio, con il computer poggiato sulle cosce. Dopo qualche minuto, in cui la sua concentrazione si era persa in quei colori, era tornato con lo sguardo fisso sui file che i suoi studenti gli avevano inviato il giorno prima.

Non essendo una persona che amava perdere tempo e non avendo la minima ispirazione per continuare a scrivere il suo libro, aveva pensato di utilizzare quelle ore perse di sonno per correggere gli elaborati su Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde.

Era felice di ciò che aveva letto, ogni suo alunno sembrava averlo ascoltato con attenzione durante le lezioni. Erano passate ormai due settimane dal suo arrivo ad Harvard, non era molto tempo, però credeva di essersi integrato bene nella città e soprattutto nell'università.

Doveva ancora iniziare a realizzare i suoi buoni propositi, perché, per il momento, non aveva fatto conoscenza con altri suoi colleghi. Si era limitato solo a qualche saluto veloce nei corridoi e nelle sale insegnati. Ma nulla di più.

Controllò l'ora sul suo orologio da polso, convincendosi che era ormai arrivato il momento di chiudere quel computer e iniziare a prepararsi per andare a lezione.

Staccò, finalmente, gli occhi stanchi e arrossati da quello schermo. Abbandonando l'elaborato che più di tutti era riuscito a colpirlo, quello di Ember Cooper.

Non aveva ancora associato ogni nome dei suoi studenti alle loro facce, ma quella della ragazza se la ricordava perfettamente. Sin dal primo momento in cui l'aveva vista in quel pub, i lineamenti del suo volto non erano mai riusciti a cancellarsi dalla sua testa, così come le forme del suo corpo.

Ma non era più solo la sua bellezza tanto particolare ad attrarlo, aveva scoperto che anche la sua mente nascondeva parecchie sorprese. Da ciò che aveva scritto in quel testo, da come era stata in grado di comprendere e analizzare i passi di quell'opera, Damian aveva capito che dovesse essere, o molto appassionata di letteratura o parecchio intelligente.

Non avendola mai sentita intervenire durante le lezioni e avendola incontrata in quel particolare contesto fuori dal campus, aveva ipotizzato tutto il contrario sul suo andamento scolastico.

Anche qualche giorno prima, quando l'aveva trovava in quella caffetteria, era stato attratto dai suoi modi di fare. Sembrava sempre così sicura di sé, con quello sguardo furbo e quel sorrisetto dipinto sulle labbra carnose.

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