Capitolo 31 - Biglietto senza nome

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Ogni amore ha la sua tragicità,
ma questo non è un buon motivo
per non amare più.
-Herman Hesse

Qualcuno una volta disse che: a New York sembra che le cose accadano senza la minima cognizione del tempo

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Qualcuno una volta disse che: a New York sembra che le cose accadano senza la minima cognizione del tempo.

Ed era esattamente così che Ember, alla fine di quella giornata, percepiva tutto ciò che le era successo da quando, la mattina stessa, era atterrata all'aeroporto JFK.

Aveva preso un taxi per arrivare fino in hotel, per poi sistemare velocemente le sue cose e uscire. Non era pronta ad affrontare quella serata, perciò voleva almeno che il resto del pomeriggio trascorresse bene.

Passeggiando per le affollate vie della città, si era persa a guardare gli imponenti grattacieli. Era passato molto tempo dall'ultima volta in cui era stata a New York e le sarebbe piaciuto godersela appieno, senza il pensiero di come avrebbe fatto a resistere alla prima cena e poi alle due restanti. Purtroppo però, l'unica cosa sulla quale la sua mente era focalizzata, era che sarebbe stata da sola ad affrontare l'ennesimo ostacolo.

Aveva pranzato in un locale caratteristico, in videochiamata con Kaden e Carter, che avevano insistito per tenerle compagnia anche da lontano. E poi il sole era calato e per lei era arrivato il momento di tornare in hotel. Rientrata nella sua stanza, si era fatta una doccia calda e in quel momento, davanti allo specchio appannato, cercava di scorgere il suo corpo avvolto nell'asciugamano bianca.

Passò una mano su quella superficie riflettente, pulendone una parte e usandola per truccarsi. Uscì dal bagno, recuperando il suo elegante vestito dal letto e indossandolo. Alla fine, per quella sera, aveva optato per un abito nero, dal tessuto satinato, che seguiva perfettamente le sue forme. La parte superiore era caratterizzata da una singola spallina, che si incrociava sul davanti, coprendo un pezzo del mezzo corsetto ed enfatizzando il punto vita. La gonna, invece, era lunga e dritta, con uno spacco alto sulla gamba destra.

Mise alcuni gioielli, sedendosi poi sul bordo del letto per infilarsi i vertiginosi tacchi a spillo dall'inconfondibile suola rossa.
Prese un profondo respiro. «Ce la fai» si incoraggiò da sola, mentre lasciava la stanza e si dirigeva verso l'ascensore. Il suo Uber era fuori dall'hotel ad attenderla, salì, passando il resto del viaggio in totale silenzio, contemplando il paesaggio illuminato scorrerle sotto gli occhi.

La cena di quella sera aveva luogo in uno dei più lussuosi hotel di New York: il Chatwal. Situato nel cuore della città, a Broadway, non molto lontano da dove alloggiava lei. Al suo interno, l'inconfondibile stile classico retrò si riconosceva subito, sia dai colori che dalle forme degli arredi. Chiese informazioni per la sala ristorante e quando si ritrovò davanti alle porte, poté sentire benissimo il cuore martellarle nel petto.

Non era pronta.
Non era pronta ad affrontare di nuovo quegli sguardi compassionevoli, quelle occhiate che si chiedevano silenziosamente perché fosse lì da sola.
Ma doveva farlo, non aveva altra scelta.

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