Ema

1.7K 58 72
                                    

Theo Hernandez era sempre stato un ragazzo sveglio. Molto perspicace e capace di cogliere al volo ogni più piccola sfumatura delle situazioni che si trovava davanti, sia sul campo, sia fuori. Aveva adocchiato le due ragazze che discutevano fuori dal privé prima di chiunque altro lì presente e, tra le due, aveva riconosciuto la più piccola e minuta.

Theo Hernandez aveva anche un'ottima memoria. Ricordava di aver già visto quella ragazza a Milanello durante la visita dei bambini delle giovanili due settimane prima. Aveva fatto caso a lei non perché fosse particolarmente bella o degna di nota, ma perché gli sembrava molto interessata al suo amico Brahim. Lo spagnolo era il compagno con cui, insieme a Rafa Leão, il terzino francese aveva legato di più, uscivano spesso tutti e tre insieme anche al di fuori della squadra e Theo lo riteneva un buon amico. Quel pomeriggio a Milanello si era accorto subito che la ragazza non staccava mai gli occhi dal numero 10, e lo aveva fatto notare anche a lui.

"Ehi bro, hai fatto colpo" gli aveva sussurrato a un certo punto. Brahim aveva seguito il suo sguardo notando per la prima volta la biondina a bordo campo.

"Carina, no? Ti fissa già da un po'" gli aveva fatto notare il francese; poi, essendosi accorto dell'espressione improvvisamente preoccupata di Emma e del modo in cui i suoi occhi saettavano per il campo passando in rassegna i bambini presenti, Theo aveva messo insieme un altro pezzo del puzzle.

"Mi sa che si è persa uno dei bambini, quello che stravede per Ante di cui parlavano gli altri poco fa; se va a cercarlo potresti darle una mano a ritrovarlo" aveva poi suggerito all'amico voltandosi verso la ragazza e strizzandole l'occhio. Come ipotizzato da Theo, pochi istanti dopo lei era partita in cerca del fratello e, dopo un primo momento di esitazione, Brahim aveva lamentato un dolore muscolare alla coscia destra e si era allontanato dal campo.

Ed ora eccola di nuovo lì, la biondina. Decisamente più bella rispetto a quel pomeriggio, ma era proprio lei, e la preoccupazione che le attraversava lo sguardo in quel momento era la stessa che Theo aveva notato due settimane prima, quando la ragazza si era resa conto di essersi persa il bambino che accompagnava.

Il terzino francese pensò che il destino era proprio strano. Ci sarebbe stata una possibilità su un miliardo di incontrarla di nuovo in maniera casuale, eppure stava succedendo. Theo non credeva alle coincidenze; e forse ora, come quel giorno di due settimane prima, toccava proprio a lui dare una mano al destino, dal momento che il compagno di squadra spagnolo sembrava su un altro pianeta, con la testa occupata a pensare soltanto alla sua splendida prestazione di poche ore prima coronata dai due goal al Monza.

"Ehi bro, guarda un po' laggiù" disse quindi avvicinandosi al compagno e indicando con lo sguardo l'ingresso del privé dove le due ragazze stavano ancora discutendo sotto lo sguardo dei buttafuori.

Brahim la riconobbe subito; a Milanello l'aveva trovata carina, ma quella sera era bellissima. Sembrava più grande di qualche anno, forse era il trucco o il vestito che indossava e che fasciava alla perfezione le sue forme. In quel momento ebbe l'impressione che lei tentasse di scappare via mentre l'altra ragazza la stesse trattenendo e doveva fare subito qualcosa per non lasciare che questo accadesse. Si diresse quindi all'ingresso del privé e lo oltrepassò; si avvicinò alla ragazza che in quel momento era voltata di spalle e posò una mano sulla sua spalla sinistra, lasciata scoperta dal vestito che indossava.

"Ema"

Emma non avrebbe saputo trovare parole, né in quel momento né mai, per descrivere le sensazioni che erano esplose dentro di lei quando aveva sentito quel tocco sulla sua spalla e quella voce, di nuovo. A causa del volume alto della musica, non era arrivata alle sue orecchie chiara e nitida come le altre volte in cui lui si era rivolto a lei, ma quella voce era la sua. E questa volta non era rimbalzata solo nello stomaco, ma in ogni più remota parte del suo essere, soprattutto nel cuore. Perché quella che era uscita dalle labbra del ragazzo non era una parola qualunque. Era proprio il suo nome, seppure pronunciato in modo non corretto.

Lui non solo l'aveva riconosciuta, ma ricordava addirittura come si chiamasse.

Emma chiuse gli occhi per una frazione di secondo, prima di voltarsi. Non aveva perso totalmente il controllo di se stessa, ma era comunque leggermente ubriaca e forse poteva essere colpa dell'alcol, poteva essersi immaginata l'accento spagnolo, poteva essere stato chiunque altro a metterle la mano sulla spalla e a pronunciare il suo nome, magari confondendola con un'altra. Aveva quasi paura quando riaprì gli occhi e li posò titubante prima sulla mano, ancora appoggiata sulla sua spalla, poi sul proprietario. Un ragazzo non molto alto ma bello da togliere il fiato, con un ciuffo di capelli castani che gli ricadeva davanti agli occhi e che Emma avrebbe tanto voluto scostare con la mano. Perché lo sguardo che lui le stava rivolgendo non avrebbe dovuto essere ostacolato da niente, e perché quei capelli avevano l'aria di essere morbidi come seta e lei avrebbe avuto una gran voglia di accertarsene. Invece, l'unica parola che riuscì a pronunciare fu l'unica che non avrebbe voluto.

"Emma"

Brahim non diede segno di essersela presa per quella correzione; le sue labbra si aprirono in un sorriso quando le iridi verdi della ragazza entrarono in collisione con le sue, mentre Greta - di cui Emma si era totalmente dimenticata in quel momento - proruppe in un urlo che sovrastò senza difficolta la musica.

"Sìììììì! Lo sapevo che si sarebbe ricordato di te!!! Sa pure come ti chiami!!!"

In un altro momento, Emma sarebbe sprofondata sottoterra per le parole dell'amica, invece in quel frangente ebbe l'impressione che Greta avesse parlato dal pianeta Marte. Niente di tutto quello che aveva visto intorno a sé fino a poco prima sembrava esistere più, si sentiva come se in quell'istante, in quella discoteca esistessero solo lei e Brahim Diaz. Il ragazzo ritrasse la mano dalla sua spalla e fu quello il momento in cui Emma tornò alla realtà

"Scusa, in español il tuo nome lo diciamo così" si giustificò lui continuando a sorridere e a tenere gli occhi fissi in quelli di Emma.

"No no scusami tu!" si affrettò ad esclamare lei sgranando gli occhi. "Quello che volevo dire era... ehm... ciao...". Le parole le morirono in gola; Greta cercò di andare in suo aiuto afferrandole la mano e stringendola affettuosamente, come per infonderle coraggio.

"Scommetto che tu sei Greta" disse lo spagnolo rivolgendosi alla ragazza, molto più alta e appariscente, che fino a poco tempo prima discuteva con Emma ed ora invece sorrideva amabilmente appoggiando il mento sulla spalla dell'amica.

"Oh!" esclamò l'altra lusingata. "Sono famosa, quindi?"

"Direi proprio di sì! Hola, io sono Brahim ma probabilmente lo sai già" rispose il ragazzo divertito tendendole la mano che Greta strinse con vigore.

"Piacere di conoscerti! E complimenti per la partita di oggi, hai fatto due splendidi goal" disse civettuola la ragazza guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Emma. Avrebbe dovuto dirle lei quelle parole, e lo avrebbe anche fatto se non avesse avuto il cervello completamente in pappa. Si sentiva un'emerita idiota: lei, che seguiva il calcio e sorpattutto il Milan da quando era alla scuola materna, non era riuscita a fare nemmeno un piccolo accenno alla partita e ai goal di Brahim e aveva lasciato invece che lo facesse Greta, a cui il calcio non interessava minimamente se non per la bellezza e la prestanza fisica di alcuni giocatori.

"Grazie!" esclamò il fantasista rossonero. "Estamos celebrando, che ne dite di unirvi a noi?"

Greta si lasciò sfuggire un piccolo urletto poi, insieme ad Emma, seguì Brahim oltre l'ingresso del privé.

Colpo di testa | Brahim DíazDove le storie prendono vita. Scoprilo ora