Frammenti di cuore

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Emma continuava a fissare impietrita quella foto e quelle parole sullo schermo del suo cellulare senza riuscire in alcun modo a reagire. Aveva completamente perso la cognizione del tempo e dello spazio. La vita intorno a lei andava avanti come se niente fosse, mentre lei aveva la sensazione di stare precipitando in un abisso sempre più profondo di cui non riusciva a vedere la fine.

"Ehi Em! Cosa guardi di così interessante?"

Solo in quel momento Emma alzò gli occhi e si rese conto di essere sul divano di casa propria accanto al cugino che la guardava di sottecchi. Si affrettò a bloccare il cellulare e, tenendolo ben stretto in mano, scattò in piedi.

"Mamma, vengo in montagna con voi domani, vado di sopra a preparare la valigia" annunciò con la voce che le uscì un po' troppo strozzata. Si voltò e a passo svelto si diresse verso le scale e salì nella propria stanza. Le lacrime premevano in modo troppo prepotente per uscire e lei aveva bisogno di un momento da sola per liberarsene, nella speranza che portassero via con loro quel peso che le opprimeva il cuore. Poi si sarebbe dipinta in faccia un sorriso e sarebbe andata avanti. Sapeva come fare, l'aveva già fatto.

Raggiunse la porta della sua stanza, la chiuse dietro di sé e ci si appoggiò contro. Inspirò profondamente cercando di calmarsi, ma persino l'aria che le entrava nei polmoni le provocava dolore. Il vuoto che sentiva nel cuore era troppo grande, così si lasciò scivolare a terra, si rannicchiò con le ginocchia al petto e la fronte appoggiata ad esse, e diede finalmente libero sfogo alla propria disperazione.

Odiava se stessa per essersi lasciata andare in quel modo con Brahim, per essersi illusa che lui potesse davvero provare qualcosa per lei al punto da dimenticare la sua ex, per aver creduto che un calciatore di Serie A potesse non essere uno stupido farfallone. Forse dopotutto Brahim non lo era, visto che non riusciva a superare quello che c'era stato con la sua ex, ma restava il fatto che Emma si sentiva usata.

Però lo sapevi fin dall'inizio che lui ancora pensava a lei e quindi sei stata stupida tu a lasciare che ti usasse, le ripeteva la vocina nella sua testa. Sì, era stata veramente una stupida, si era fatta fregare due volte da due ragazzi diversi nel giro di sette mesi. Ma non sarebbe successo mai più, non si sarebbe fidata mai più di nessuno, non avrebbe ripetuto lo stesso errore un'altra volta.

In quel momento, non avrebbe saputo dire perché, le vennero in mente le parole che il professore di Psicologia Generale aveva pronunciato il primo giorno di lezione: "Quello che vi aspetta quando arriverete alla fine di questo percorso che comincia oggi è un compito assai arduo. Dovrete assistere persone che vivono e sperimentano forme di malessere interiore che in questo momento la maggior parte di voi ancora nemmeno immagina. E dico la maggior parte di voi perché so per certo che alcuni di voi invece queste forme di malessere le conoscono eccome. E magari - io me lo auguro - le hanno affrontate e superate con l'aiuto di persone competenti. Se così non fosse, e se dovesse succedere in futuro a chi ancora non lo ha mai provato, sappiate che dovete farvi aiutare voi per primi, altrimenti non riuscirete mai ad aiutare gli altri in modo efficace anzi, rischiate di fare soltanto danni". Da quel giorno, Emma aveva iniziato a domandarsi se davvero era una persona equilibrata e forte come credeva di essere. Non aveva mai dovuto affrontare grossi problemi o difficoltà nella vita, l'unica degna di nota era stata il doppio tradimento di Gabriele e Camilla, al quale tutto sommato non aveva reagito in modo distruttivo. Ne aveva sofferto per diverso tempo, inutile negarlo, ma non aveva mai avuto crolli nervosi importanti, né aveva mai provato l'impulso di fare del male a se stessa o ad altri. Non si era lasciata abbattere, si era aggrappata saldamente al suo orgoglio ed era andata avanti. Eppure adesso cominciava ad avere il dubbio che ci fosse qualcosa di sbagliato in lei: la sua tendenza ad attirare solamente persone che finivano, presto o tardi, per prendersi gioco di lei e dei suoi sentimenti non poteva essere dovuta solo alla sfortuna. Avrebbe dovuto ricercare le cause, capire cosa ci fosse in lei che non andava. Avrebbe dovuto farsi aiutare, come aveva detto il professore. Ma non avrebbe potuto certamente farlo durante le vacanze in montagna, avrebbe dovuto aspettare gennaio, quando sarebbe ritornata alla sua solita vita.

Colpo di testa | Brahim DíazDove le storie prendono vita. Scoprilo ora