Risate nella notte

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Emma, ancora seduta sul divanetto, sbuffò rumorosamente. Accidenti a Greta, adesso avrebbe dovuto chiamare un taxi e alla svelta.

"Hai sentito Greta?" domandò la voce calda di Brahim. Emma non si era accorta che, per tutto il tempo in cui aveva controllato il cellulare e risposto al messaggio dell'amica, lo spagnolo era rimasto nei paraggi.

"Sì, è andata a casa di Rafa" rispose lei alzandosi in piedi. L'espressione sul viso di Brahim la fece sorridere, nonostante tutto.

"Hai capito, non ha perso tempo, el guapo" osservò lui soffocando una risata.

"Già, solo che lei per portarselo via ha lasciato me a piedi. Esco a chiamare un taxi, ci vediamo" sbottò Emma in tono più brusco di quello che avrebbe voluto. Era troppo arrabbiata per riuscire a trattenersi, chissà quanto le sarebbe costato prendere un taxi in piena notte da una delle zone più centrali di Milano alla cittadina dell'hinterland in cui abitava lei.

"No aspetta. Ti posso portare a casa io, se vuoi".

Un pesante sospiro uscì dalle labbra di Emma. Non accettare passaggi dagli sconosciuti era una frase che sua madre le aveva sempre ripetuto fino alla nausea, e ultimamente gliela ripeteva spesso anche Elisa dato che ad Emma era capitato, una sola volta, di accettare di salire sull'auto di una persona che non conosceva. Ma d'altra parte Brahim Diaz non era esattamente uno sconosciuto, era già la seconda volta che lei lo incontrava. E il pensiero di Emma, in quel momento, era uno solo: una botta di culo più grande di questa non mi capiterà mai più nella vita.

"Abito fuori Milano però, sicuro che non sia un problema?" azzardò, non riuscendo a capacitarsi di come fosse stata proprio lei a pronunciare quelle parole. Ma la verità era che lei non voleva che quella serata arrivasse al capolinea, e si stava aggrappando con le unghie e con i denti a qualunque occasione, circostanza o botta di culo - come la si volesse chiamare - che potesse rimandarne la fine.

"No te preocupes. Avevo in auto con me Rafa e Theo, ma uno si starà divertendo con la tua amica e l'altro torna con la sua fidanzata, anche loro abitano fuori Milano. Ti faccio io da taxi e juro que no te cobraré nada" ironizzò il ragazzo.

Poco dopo, seduta sul sedile del passeggero dell'Audi di Brahim, Emma osservava lo spagnolo alla guida cercando di non farsi notare. Era rilassato e sicuro di sé. Lei, invece, si sentiva esattamente l'opposto, tesa e insicura. Avrebbe voluto fregarsene delle apparenze e mettersi a fissarlo in modo sfacciato, invece doveva accontentarsi di lanciargli rapide occhiate con la coda dell'occhio mentre giocherellava nervosamente con la tracolla della borsetta. Pensò che, per potergli mettere gli occhi addosso senza essere costretta a staccarli, doveva assolutamente trovare un argomento di conversazione, ma era stanca e soffocò uno sbadiglio: era ormai notte fonda e Milano era semideserta.

"Come ti trovi a vivere a Milano?" gli domandò infine mentre l'auto del numero 10 imboccava l'autostrada.

"Muy bien, i primi tempi è stato difficile, mi sembrava tutto strano, ma poi col tempo mi sono ambientato. Tu vivi da sola o con la tua famiglia?" Era evidente il suo sforza di parlarle in italiano il meglio possibile ed Emma lo apprezzò moltissimo.

"Con la mia famiglia" rispose lei. "I miei, mio fratello e il mio gatto. Segue anche lui le partite del Milan, quando ne vede una salta sempre sulla televisione nel tentativo di acchiappare la palla o qualche giocatore".

Brahim scoppiò nella sua risata inarrestabile e le lanciò un'occhiata divertita. "E in España invece sei mai stata?"

"Sì, diverse volte. Da piccola ho visitato con i miei genitori Barcellona e Madrid ed abbiamo fatto qualche vacanza alle Baleari, mentre quest'estate con le mie amiche sono stata a Valencia" rispose lei, i cui occhi erano finalmente liberi di indugiare su di lui.

Colpo di testa | Brahim DíazDove le storie prendono vita. Scoprilo ora