You should not be here

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 Dio, devo essere davvero impazzita. Poche settimane in quella cella e ho perso la testa.

Creare un diversivo cosi grande da far evadere non uno, non due ma ben cinque agenti è stato pianificato nei minimi dettagli. Ci ho messo tempo per studiare le abitudini di tutti i singoli agenti. E comunicare con I miei colleghi poi... vi dico solo che abbiamo usato dei topi. E credetemi se vi dico che c'è n'erano tanti nelle prigioni sotterranee di questa fortezza medievale.

Reperito nel laboratorio una serie di fascicoli che ho messo in una valigetta non curandomi minimamente di cosa ci fosse dentro, ho requisito una pistola da un agente messo ko e mi sono aggirata tra I corridoi di questo vero e proprio labirinto alla ricerca dell'uscita. Spero che gli altri siano già fuori ma è difficile saperlo visto che... non abbiamo auricolari per comunicare. I nostri ce li hanno distrutti una volta fatti prigionieri.

Arrivata in un grande ambiente, noto un ascensore e lo chiamo nella speranza che questa possa essere la via d'uscita. Solitamente un ascensore sale e scende. E io devo salire per rivedere e sentire l'aria fresca e la luce del sole che non sento sulla mia pelle da troppo tempo.

Sempre in posizione di difesa, punto la pistola sui due corridoio adiacenti a questa zona pronta a qualunque evenienza. Ma è quando le porte dell'ascensore si aprono, e sento dietro di me una presenza estranea che sono costretta a voltarmi di spalle e puntare l'arma proprio contro l'ultima persona che mi sarei aspettata di vedere qui.

Non è possibile.

"Cass..." sussurra l'uomo di fronte a me vestito da capitan America.

"Sto impazzendo." bisbiglio chiudendo per un secondo gli occhi sperando che cosi se ne vada via. "Non è possibile."

"Piccola." mi chiama Steve avanzando verso di me costringendomi ad indietreggiare. "Sono... sono io. Sono qui va ... tutto bene."

"Non ti avvicinare!" urlo puntandogli l'arma contro.

L'ho immaginato di fronte a me cosi tante volte che... dev'essere per forza frutto della mia immaginazione. Fury mi aveva promesso che non gli avrebbe detto nulla... che non lo avrebbe coinvolto in questa storia. Non può essere qui.

"Piccola... sono io." aggiunge di nuovo mentre I nostri occhi sono incatenati gli uni negli altri.

Nell'aria sento il suo profumo. E... questi occhi. Sembrano essere cosi reali.

"Se sei davvero tu... dimmi qualcosa che solo Steve sa di me."

E' anche vero che tutte le volte che lo immaginavo davanti a me non ci parlavo davvero. Quindi questa è già una grande novità.

"Ti piace la pizza." afferma subito sicuro di se. "Ma non quella americana... ma quella italiana... anche se non... "

Merda.

"Sono mai stata in Italia." concludo per lui capendo che è tutto reale. Perciò lascio cadere la valigetta che avevo nella mano sinistra e la pistola nella mano destra e mi fiondo tra le sue braccia risentendo dopo chissà quanto tempo di nuovo il suo calore.

"Mio dio Cass... mi sei mancata cosi tanto." sussurra Steve stringendomi forte a se.

Sono in una condizione pessima. Indosso gli stessi abiti da un mese. Zero doccia, poco cibo e poca acqua... occasionalmente un pò di igiene orale a seconda delle guardie che ci controllavano.

"Sei qui!" esclamo staccandomi da lui per guardarlo di nuovo negli occhi. Poso la mia mano sul suo petto sentendo il suo cuore alla velocità della luce. "Cosa diavolo ci fai tu qui?"

"Cosa?" chiede Steve confuso.

"Tu non dovresti essere qui." aggiungo con gli occhi lucidi.

"Cap... l'agente Morrison non ce l'ha fatta." rivela Nat nell'auricolare di Steve forte e chiaro facendomi gelare il sangue nelle vene.

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