Capitolo 4

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Jason

«Sono contento che in queste ore tu non abbia cambiato idea», i suoi occhi incrociano i miei quando torna a guardarmi. 

«Se siamo qui è solo per parlare. Dopo mi riaccompagnerai in hotel se vuoi e finirà lì, almeno per ora» confessa nascondendo un piccolo sorriso.

È così bella.

«Me lo farò bastare».

«Proprio come io mi farò bastare quello che avrei da dirmi... Tanto so già che non arriverai mai a dirmi la verità» replica incrociando le braccia al petto.

«Ti sbagli, se ti ho portata qui è proprio per parlare in santa pace. Voglio raccontarti tutto e so che è tardi ma è sempre di mai no?» chiedo e lei annuisce.

Quando capisco che è arrivato il mio turno, prendo fiato e inizio a parlare.

«Prima di iniziare ci tengo a dirti che hai tirato fuori una versione di me che nemmeno io conoscevo e che mi odio per aver rovinato tutto quanto», lei distoglie lo sguardo e rimane in silenzio.

«In parte sai già la verità, ma è giusto che ti spiega meglio. In sintesi... sto cercando una persona ormai da anni perché ho dei conti in sospeso» inizio a dire.

«Droga?».

«No, assolutamente!! È una donna, una donna della mia età» ammetto.

«Non capisco allora».

Stringo forte la mascella e chiudo gli occhi per un instante.

«Mio padre aveva un buonissimo rapporto con tutti i suoi dipendenti, un po' meno con uno di loro. Il diretto interessato si chiamava Bruno West... parlo al passato perché è deceduto non molto tempo prima della morte di mio padre. Questo Bruno ha una figlia di nome Ana, precisamente Ana West e temo che abbia a che fare con la morte di mio padre. Non ha mai accettato la morte del suo ed è venuta a minacciarci persino sotto casa. Sosteneva che avevamo maneggiato noi i macchinari in modo tale così da farci rimanere secco il padre, quando in realtà è stato tutto frutto della sua immaginazione perché chiaramente non è andata così. mio padre era il primo a prendersi cura di tutti, non avrebbe mai messo in pericolo la vita di nessuno... Specialmente con chi lo aiutava ad andare avanti con la sua fabbrica. Io in quel momento non c'ero. In casa era presente solo mia madre insieme a mio fratello, perciò non ebbi modo di conoscerla. Quando tornai a casa quella sera mia madre mi disse di stare attento e mi sembrava una cosa assurda visto che, secondo lei, mi sarei dovuto proteggere da una persona che nemmeno conoscevo.  Non l'avevo mai vista in viso perciò era difficile come cosa. Con il tempo mi sono convinto che l'incidente di mio padre, quel fottuto incidente di percorso, sia dovuto a causa della figlia e questa cosa mi tormenta da anni», mi fermo per qualche secondo prima di ricominciare. 

Non ho il coraggio di guardarla negli occhi. Non voglio la compassione di nessuno né tantomeno ricevere uno sguardo malinconico.

«Per cercare di andare avanti nei migliori dei modi, malgrado le circostanze, mia madre assunse due guardie disposte a vigilare il quartiere e casa nostra per un breve periodo. Nel mentre i miei pensieri si facevano sempre più grossi e il mio cervello è arrivato all'apice della sopportazione, tant'è che, senza dire niente a nessuno mi sono trovato un investigatore privato per cercare di trovare questa ragazza e ci sono riuscito, è per questo che sono qui a Los Angeles» spiego.

«Fino a qualche mese fa ero in debito con l'investigatore privato perché non riuscivo a fargli ricevere quei benedetti soldi senza prelevarli dal mio conto bancario. Ed essendo una cifra troppo alta, è per questo che ho venduto il furgone di tuo padre. Non volevo che mia madre scoprisse per che cosa mi sarebbero serviti quei 10.000 euro. Adesso lo sa, lo è venuto a scoprire tramite i tuoi genitori e mi ha chiesto spiegazioni. Sa tutto e ormai non mi parla da più di un mese» aggiungo continuando a tenere lo sguardo basso. 

«Mi dispiace da morire Jason...».

«Non sono la persona che credi che sia» replico.

«C'è altro vero?» chiede ed io annuisco.

«Mi spaventi...».

Sono stato un grandissimo farabutto per anni, soprattutto con lei.negli ultimi mesi gli ho fatto cosa imperdonabile e mi sono permesso di stravolgere la vita e qualunque piano avesse. Merita delle mie spiegazioni tanto quanto il mio coraggio nel guardarla negli occhi in questo di preciso momento. 

«Quando sono venuto a Los Angeles qualche mese fa l'ho incontrata. Fa due lavori. Lavora in un bar dal lunedì al venerdì e il fine settimana fa la Stripper nei locali, ma non è questo il punto. Questa mia supposizione mi ha talmente mangiato il cervello che sono arrivato a pensare di conoscerla e magari portarmela pure a letto, senza dirle chi sono realmente, e poi ucciderla». I suoi occhi si spalancano a seguito delle labbra.

«Cosa!?». Il ritmo della sua respirazione cambia.

«Lo so, è difficile da credere ma è così. Ciò che ti starò per dire non sarà sano, molto probabilmente è da malati forse e quasi da persone sadiche ma... L'idea di vedere il suo corpo spegnersi sempre di più davanti miei occhi mi dà pace» dichiaro con un forte bruciore agli occhi.

Lei rimane in silenzio. Totalmente pietrificata davanti miei occhi.

«Puoi dire qualcosa per piacere?» chiedo cercando di trattenere la rabbia insieme alle lacrime.

«Il fatto è che non so cosa dire...» replica dopo qualche secondo.

«Bene, lo immaginavo... Scusami, ho bisogno di una boccata d'aria», esco fuori dal ristorante lasciandola lì da sola e, molto probabilmente, sbagliando.

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora