Capitolo 81

95 7 2
                                    

Melanie

Lo strinsi a me il più forte possibile, incapace di dire anche solo una parola.

Dopo una confessione del genere come avrei potuto inveirgli contro? Quella ragazza aveva abusato di lui, in un momento in cui chiaramente non era lucido, si era appropriata di un'intimità così profonda che lui non avrebbe mai voluto avere con lei, un chiaro segnale infatti era il preservativo.

Pur di tenerlo al suo fianco è riuscita nel suo intento, mettendo in ballo non solo la sua vita, ma quella del suo bambino.

«Di qualcosa, ti prego...». Quando lo sentii tirare su con il naso gli presi il viso tra le mani e lo obbligai a guardarmi. Anche in quello stato, i suoi occhi non perdevano il suo fascino.

«Non è colpa tua, tu hai fatto quello che potevi fare. Sei stato sincero».

«Al diavolo la sincerità, cazzo. Avrei potuto avere mio figlio in braccio se non fosse stato per quel no».

«Ma tu hai provato a fingere con lei, non è così?».

«Sì, dopo qualche settimana». Ripeté.

«Ecco... Ma ormai lei aveva capito che stavi fingendo e non vedendoti in grado di prendere una decisione l'ha presa lei al tuo posto, ingiustamente».

«La odio Melanie, te lo giuro. Mi ha portato via l'unica cosa di buono che avevo fatto in vita mia». A quelle parole il mio stomaco si attorcigliò, creandomi un vuoto nello sterno.

«Ne farai altrettante altre, nessuna paragonabile a lui, ma sono sicura di sì». Con una mano gli sfiorai la guancia bagnata e lui rabbrividì.

«Ora capisci perché sono egoista? Mi fai avere speranze, con te tutto può sembrare possibile ed è per questo che ti voglio nella mia vita, ma poi mi ricordo dello stronzo che sono e mi rendo conto di quanto tossico possa essere».

Scossi la testa appoggiando la fronte sulla sua e dissi: «Non è così: ogni persona ha dubbi, debolezze e insicurezze. Tu a tratti sei talmente accecato dai tuoi principi da perdere di vista la realtà, senza renderti conto delle conseguenze che le tue azioni hanno sulle persone che ti amano, compresa me, ma non per questo sei una cattiva persona. Ti stai migliorando, ti stai aprendo e questo a me basta».

«Non è sufficiente delle volte».

«Per me lo è, non ti deve importare degli altri Jason».

«Sdraiamoci sul letto». Mi ordinò prendendomi per mano. In silenzio mi limitai a seguirlo e quando ci trovammo sdraiati sul letto, non potei fare a meno di stringermi forte al suo petto.

Nessuno avrebbe mai dovuto affrontare quello schifo eppure non riuscivo a smetterci di pensare.

È colpa mia: se non avessi fatto quella battuta la scorsa notte, lui non starebbe qui a piangere insieme a me.

«Che cosa ti ha spinto a parlarmene?». La mia curiosità, come sempre, aveva fatto irruzione nell'aria.

«Ne ho parlato all'incirca una settimana fa con lo psicologo e sei uscita fuori te».

«Io? E perché?».

«Mi ha chiesto se ero pronto ad avere dei figli con te». Rispose guardando il soffitto.

«E tu cosa gli hai risposto?».

Avevo paura della risposta, ma dovevo saperla.

«Non lo so ancora, ma tu non centri. Il problema è mio e di nessun altro».

Chissà perché lo immaginavo.

«Non abbiamo mai parlato di questo argomento, ma forse è un bene che sia venuto fuori ora. Io non voglio figli Jason, almeno non nei prossimi due anni. Sono troppo giovane e anche se in qui in America la gente si sposa e concepisce già alla nostra età, non mi sento ancora pronta a diventare madre. Abbiamo un po' di anni di differenza e capisco se magari un giorno finirai per chiedermi di fare un tentativo, ma non so quando avverrà». Cercai di mettere le cose in chiaro, sperando di non ferirlo.

«Lo capisco perfettamente e so a cosa sto andando incontro, ma non importa perché mi basta sapere che per il momento navighiamo sulla stessa barca». Mi rassicurò stringendomi una coscia.

«Sì».

«Bene, allora adesso smettiamo di pensarci. Vedremo di trovare il modo di parlarne quando riavremo una casa tutta nostra». Lo sentii sorridere tra i miei capelli mentre con una mano mi accarezzava una guancia.

«Tua madre lo sa?».

«Di che parli?».

«Di questa ragazza, del bambino, dell'aborto...».

Lo sentii irrigidirsi.

«Sì lo sa, ma preferisce non parlarne. Proprio come me». Chiarì a denti stretti.

«Mi dispiace tanto Jason, mi devi credere. Non potevo immaginare che dietro il tuo lato oscuro si nascondesse anche questo».

«Ci sono ancora tante cose che non sai, ma tempo al tempo. Nulla di così grave. La maggioranza delle cazzate che ho fatto le sai». Mormorò sul mio collo prima di lasciarci un dolce bacio.

«Sono felice che tu ti sia aperto con me».

«Anche io Melanie, anche io». Ripeté stringendosi forte alla mia figura minuta.

Restammo in silenzio per qualche istante, godendoci di quell'atto intimo che andava oltre le parole, il sesso e mille altre cose che potevamo fare.

«Pensi di restarmi accanto anche se sono un mostro?». Lo sentii chiedere a malapena.

Fu in quell'istante che feci incrociare i nostri sguardi.

Normalmente quando qualcuno mi delude chiudo subito le porte e non regalo seconde possibilità. Con lui ho imparato che cos'è il perdono e ho capito che anche io ho questo dono.

«Penso proprio di restarti accanto tutta la vita». Risposi strappandogli un sorriso.

Lui, felice come non mai, mi racchiuse il viso tra le sue braccia affondando la lingua nella mia bocca.

«Ti amo».

«Ti amo stupida».

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora