Capitolo 59

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Melanie

«Melanie non vorrei sembrare maleducata, ma ho bisogno di vedere Nicholas... Possiamo rientrare?».

«Non esiste nessun Nicholas». Mi voltai verso di lei confessandole la verità. Odiavo il modo in cui parlava di lui.

Ormai c'ero dentro fino al collo, non potevo più tirarmi indietro.

«Non ti seguo...».

«Credimi Ana ne so quanto te, ma non esiste nessun Nicholas. Il ragazzo della foto è... Jason... Jason Lewis». Non riuscii a decifrare il suo sguardo. A tratti sembrava non capire più la mia lingua, ma dentro di sé so per certo che capì eccome.

«È impossibile, non conosco nessun Jason...». In quell'istante iniziò ad agitarsi.

«Ne sei proprio sicura? Perché a me sembra di avere di fronte proprio la persona che il giorno del funerale di suo padre lo ha minacciato».

In vita mia credo di non aver mai odiato nessuno nel vero senso della parola, ma sapere il male che quella persona aveva fatto a Jason e a tutta la sua famiglia riusciva a scatenarmi quella sensazione di schifo e disprezzo nei suoi riguardi.

«Perché lo avrebbe fatto?».

Restai in silenzio, poiché mi promisi che dalla mia bocca non sarebbe uscito niente.

«Credo che questa domanda tu debba porla a lui e non a me» risposi.

Sì accasciò per terra, in mezzo a tutte le altre persone, per prendersi la testa tra le mani e chiedersi: «Come ho fatto ad accorgermi che non era lui?».

«Eravate piccoli» le ricordai.

«Eravamo adolescenti, me ne sarei dovuta rendere conto» precisó con curanza.

«Sono cambiate tante cose, tra cui lui».

«Lo so, ma cazzo, mi sono innamorata del mio peggior nemico». Tornò a guardarmi alzandosi da terra. Quelle parole continuarono a rimbombare nella mia mente.

«Non sono cose che mi riguardano e sinceramente non mi interessa della vita sentimentale del mio migliore amico...». Ressi il gioco finché dalla mia bocca non uscì: «Comunque vada a finire questa storia tra voi, non farlo soffrire perché dove non arriverà lui arriverò io».

Sapevo benissimo quello che stavo dicendo e, soprattutto, a cosa mi stessi riferendo. Tutto tornava nella mia mente, eccetto che nella sua.

Aveva appena conosciuto la migliore amica del ragazzo di cui si era innamorata che, in volontariamente, la stava minacciando.

«Ti rendi conto di quello che mi ha fatto? Perché lo difendi?».

Perché per lui difenderei anche l'indifendibile, avrei voluto risponderle, ma mi limitai a dire: «Perché so che avrà avuto i suoi motivi».

«Fingersi un'altra persona è un reato Melanie». Odiavo il modo in cui pronunciava il mio nome.

«Sì è presentato a casa mia con dei documenti falsi. Ha conosciuto parte della mia famiglia, tra cui mio cugino che mi ha tolto dalla strada e gli ha mentito».

Non so che cosa volesse dire con quella frase, ma sarei stata un ipocrita a chiederglielo quando l'unica cosa che desideravo in quel momento era vederla sparire. Lei, meno di chiunque altro, meriterebbe di stare qui dentro aspettando un suo risveglio.

«Jason mente a tutti e purtroppo con le bugie ci sa fare molto bene».

«Sì, ma io credevo che la nostra fosse una storia seria». Una lacrima le rigò il viso.

«È bravo a farlo credere, ne so qualcosa».

Era riuscito a fare innamorare persino me che a stento credevo nell'amore.

«Dal primo giorno che l'ho visto sentivo che c'era qualcosa di profondo tra di noi, qualcosa di speciale che non riuscivo nemmeno a spiegare a parole. Ogni volta che parlavo a mia madre di lui riusciva a leggermi negli occhi la felicità, perché è quello che lui aveva fatto con me: mi aveva restituito quella felicità che da anni avevo perso».

Tirò su col naso ed io non potetti fare a meno di ascoltarla parlare.

«Che cosa succederà ora? Odio il suo nome e la persona che è davvero, ma amo Nicholas e il modo in cui mi ha sempre trattata, perché più di chiunque altro mi ha spinto a credere in me stessa. Non c'era mai riuscito nessuno...».

Ad ogni parola il mio cuore perdeva un battito.
Una pallottola nel petto mi avrebbe fatto meno male.

«Mi dispiace...».

«Tutto questo mi sembra impossibile». Sussurrò talmente piano che feci fatica a capire che cosa stesse dicendo.

«Come hai fatto a sapere che era qui?».

«Sapevo che sarebbe venuto qui per qualche settimana, se non sbaglio mi parlò di un matrimonio. Ma quando ha smesso di rispondermi ai messaggi mi sono precipitata nel luogo di lavoro e mi hanno detto dell'accaduto».

«Continuo a non capire come hai fatto a chiedere di Nicholas se non esiste».

«Ha mentito anche ai colleghi di lavoro a quanto pare, perché quando gli ho chiesto dove fosse non mi hanno parlato di Jason». Sentire quelle parole ormai non mi provocavano più stupore, solo tanta tristezza.

«Ha mentito a tutti allora». Mi uscì spontaneo.

«A quanto pare...», sospirò guardando per terra.

«Credo che sia meglio rientrare», commentai.

«I-io non so se me la sento di rientrare, forse è meglio se vai tu. Sarò qui domani. Per qualsiasi cosa puoi scrivermi? Questo è il mio numero». Estrasse un foglietto dalla tasca dei suoi Jeans e me lo porse.

Annuii.

«Ti ringrazio... Allora a presto».

«Ciao Ana».

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora