Capitolo 72

113 8 3
                                    

Jason

Forse avrei dovuto andarci con più calma, ma la volevo, la volevo più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Non avrei mai voluto che si sentisse usata, desideravo dimostrarle il mio amore sincero dietro quel lato romantico e travolgente che ci trafigge da sempre.

L'intesa sessuale tra noi non è mai svanita, eccetto le ultime settimane poco prima della rottura.

«Non dormi ancora?».

Per poco non cascai dalla sedia.

«Dovevo prendere una cosa». Liberai fuori dalla mano la collana di mio padre e gliela mostrai.

«Potevi aspettare me, te l'avrei presa io».

«Camminare non mi fa male». Le ricordai.

Il suo sguardo non smise di scorrere lungo il mio petto, specchiato nello specchio, e sulla schiena.

«Mi aiuti a metterla?». Le chiesi.

«Certo».

Si avvicinò a me silenziosamente e mi aiutò ad agganciarla.

«Grazie». Mi limitai a dire.

«È bellissima».

«Peccato che non sia lui ad indossarla». Nel mio tono si riuscì a percepire solo amarezza.

«Hey... Vieni qui». La sentii avvicinarsi ancora di più e pochi istanti dopo mi ritrovai ad affondare la testa nella sua pancia, circondandole la vita con le braccia.

I suoi lunghi capelli, che profumavano di mare, caddero sul mio viso. Mi strinse a lei con forza, come se volesse cancellare tutti i dolori e le paure che mi assalivano.

«Sono passati anni: per quanto tempo ancora dovrò stare così?». Chiesi cercando di trattenere le lacrime.

Odiavo piangere di fronte agli altri, specialmente di fronte a lei. Sapevo quanto fosse vulnerabile al vedermi altrettanto fragile e non avrei mai voluto farla sentire a pezzi, più di quanto già non lo fossi io.

«Non posso prometterti che sarà facile d'ora in poi, ma ti prometto che ne uscirai e questo dolore che da anni ti tormenta ti permetterà di conviverci». Sussurrò al mio orecchio.

«L'unica cosa che voglio è trovare pace».

«La troverai, abbi fede».

Avrei tanto voluto credere a quelle parole, ma mi era impossibile.

«Mi manca così tanto». Mormorai con la voce rotta dal pianto.

«Lo so, ma sono sicura che sarebbe orgoglioso di te, Jason. Hai fatto del tuo meglio, soprattutto non commettendo un errore madornale come quello che stavi per fare».

Aveva ragione: credergli o no non sarebbe stato sufficiente perché sapevo anche io, nel profondo del mio cuore, che avevo fatto la scelta giusta.

«Starai meglio, vedrai Jason...».

«Lo spero». Sospirai, lasciandomi così andare al dolore e alla nostalgia. Lei continuó a tenermi stretto, senza emettere fiato, ma la sua presenza in quel momento era un conforto che andava oltre le parole.

Dopo un lungo momento, quando le lacrime finalmente si placarono, mi staccai dall'abbraccio e mi asciugai il viso con il dorso della mano. Guardai negli occhi quell'angelo che non mi aveva mai lasciato da solo, cercando il suo sostegno.

«Non ce la farei senza di te, credimi».

«Non iniziare...».

«Mi devi credere: sarei disposto a morire per te».

«Non dire queste cose...matto come sei potrei davvero crederci». Insieme scoppiamo a ridere, pur sapendo che sotto sotto un filo di verità c'era.

«Non so come ringraziarti».

Continuò a sorridermi come non faceva da tempo e, successivamente, toccò delicatamente il mio volto.

«Siamo una squadra, ricordi? Insieme possiamo superare tutto».

«Hai ragione». Risposi sentendo un'onda di forza dentro di me.

Fin dal primo giorno sapevo che sarebbe stata lei quella giusta per me, era l'unica in grado di rendermi felice ed ero certo, ora più che mai, di poter affrontare qualsiasi cosa con lei al mio fianco.

«Ti amo». Mi uscì dalle labbra poco dopo essermi alzato in piedi per appoggiare la fronte sulla sua.

In risposta posò le labbra sulle mie.

Un gesto inaspettato visto il rifiuto di pochi minuti prima.

Con entrambe le mani le afferra il viso e continuai il bacio. Quell'unione fu dolce e intensa al tempo stesso, un incontro di anime che si univano in un momento di pura debolezza.

Le sue labbra erano morbide contro le mie, il suo gusto era come il dolce sapore del miele. Mi sentii trasportato in un altro mondo, un mondo dove solo noi due esistevamo, dove il passato non aveva potere il futuro era pieno di promesse.

Quando ci staccammo, le sue mani continuarono a rimanere intrecciate alle mie, come se volessimo trattenere quel momento per sempre.

Mi guardò intensamente prima di dire: «Credo che si sia fatta l'ora di dormire».

«Sì». Risposi poco prima di seguirla fino al letto.

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora