Capitolo 70

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Jason

- Dieci giorni dopo.

Finalmente dopo giorni interi di agonia riuscirono a farmi tornare a casa senza troppe indicazioni.

Erano riusciti a tenermi qualche giorno in più perché si erano verificate altre piccole complicanze alle costole, ma per fortuna niente di preoccupante.

«Bentornato a casa fratello». Pronunció Finn mentre mi aprì la porta di casa.

«Grazie». Replicai.

Melanie entrò subito dopo di me con il mio borsone in braccio.

«Dai a me Melanie, lo porto su io». Disse Finn.

«Non è pesante, ce la faccio».

«Insisto: resta con Jason». Gli fece l'occhiolino poco prima di afferrare il borsone e scomparire al piano di sopra.

«Vuoi qualcosa da mangiare?». Domandò posizionandosi difronte a me.

«No».

«Da bere?».

«Nemmeno».

«D'accordo. Posso fare qualcosa per te?».

«Ti andrebbe di parlare un po' sul divano?». Proposi.

Avevo bisogno di avere alcune risposte che solo lei sarebbe stata in grado di darmi.

«Certo, ma tra poco tornerà tua madre e se non ti troverà a letto sai già che fine farai».

«Non ti preoccupare, finiremo prima del suo rientro». Non ero sicuro, ma dovevo rassicurarla in qualche modo.

Mia madre ormai aveva ripreso a lavorare e non aveva più permessi da utilizzare dietro di me. Per questo da lì a breve mi sarei dovuto trovare un'altra sistemazione e non solo, avrei dovuto cercare un modo per andare in centro città dallo psicologo e dal fisioterapista.

«Va bene, allora vieni: sediamoci».

Mentre cercai di sedermi, un dolore molto forte mi trapassò il petto. Queste costole non avevano proprio intenzione di guarire.

«Fai piano Jason...».

Insieme ci sedemmo sul divano, uno difronte all'altro.

«Di cosa vuoi parlare?».

«Perché ti sei licenziata?».

Alla mia domanda si irrigidì nell'immediato.
Non avrei mai voluto metterla a disagio, ma avevo bisogno di capire quello che realmente le è passato per la mente quella sera.

«Era da mesi che la sola idea di tornare laggiù mi faceva venire l'ansia. Non riuscivo più ad immaginarmi un futuro lì».

«Perché?».

«Perché quella città mi ricordava noi».

Le mie incertezze ebbero la sua risposta, il suo lieto fine. Quello che più temevo stava diventando realtà.

Si stava allontanando dalla vita che aveva sempre sognato, solo per colpa mia.
Non era giusto cazzo.

«Non avrei mai voluto questo per te... Mi devi credere Melanie».

«Lo so Jason, ma non è colpa tua. Tu hai fatto il possibile per starmi lontano, hai trovato mille modi diversi per farti odiare, ma non ci sei mai riuscito. Più ti allontanavi più mi davi modo di avvicinarmi, perché meglio di chiunque altro sai quanto mi piacciono le cose impossibili». Mi ricordò e istintivamente sorrisi.

Era vero. Lei e l'impossibile erano una grandissima coppia.

«Almeno c'ho provato, ma adesso non ne vale più la pena perché mi sono reso conto che non è quello che voglio. Vedrai che riuscirò a sistemare tutto questo casino e magari chissà... più avanti potremmo andare a convivere come desideravamo già da tempo».

Stavamo già h24 in California, ma non era la nostra casa. Era la mia casa, l'avevo comprata per me e non per noi. Voglio qualcosa di diverso questa volta, qualcosa di nostro.

Lei si irrigidì all'istante.

«Se credi che ti abbia dato una seconda chance ti sbagli... Ho ancora molti dubbi e solo con il tempo riuscirò a saldarli, per il momento ti chiedo di rispettare la mia decisione e di viverci gli attimi. Al resto ci penseremo più avanti».

Stavo correndo troppo effettivamente.
Da poche settimane aveva rinunciato alla vita laggiù e adesso le stavo già chiedendo di fare un'altro passo avanti.

«Scusami, non volevo metterti fretta».

«Tranquillo, sto solo cercando di usare il freno a mano per questa volta».

«Fai bene, almeno tu ci riesci».

«Non è così, malgrado lo voglia per davvero devo tutelarmi al momento, e sopratutto dobbiamo dimostrare entrambi quella maturità che forse fino ad oggi non abbiamo mai avuto».

Sentirla parlare così, con tanta saggezza e serietà, mi rallegrò la giornata. Aveva ragione.

«Sono pienamente d'accordo, ma spero con tutto il mio cuore che tu possa concedermi una seconda opportunità».

Il suo sorriso mi costrinse a sorriderle a ruota.
Amavo la luce che emanava e quella mattina lo faceva ancora di più.

«Ti andrebbe una cioccolata?».

«D'estate?». Chiesi confuso.

«La cioccolata è valida sempre». Replicò quasi offesa.

«Passo per questa volta». Risposi con sincerità, mostrando al tempo stesso il mio disaccordo.

«Peggio per te». Si alzò dal divano e mi rivolse una linguaccia. Scoppiai a ridere per la faccia simpatica che le uscì e proprio mentre la aspettai, accesi la Tv per non crollare.

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora