Capitolo 42

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Jason

Dopo avermi riempito la macchina nuova di fiori, Melanie rientra in auto e si allaccia la cintura.

Quando afferro la chiave dell'auto, intendo a girarla nel quadro per accendere la macchina mi afferra il braccio.

«Aspetta un secondo Jason».

Non la guardo.

«Se ti sei dimenticata dei fiori scendi pure, ti aspetto qui» le dico continuando a guardare le macchine che passano alla mia sinistra.

«Non è quello, girati» mi ordina.

«Girati ho detto» ripete.

Testarda come non mai mi tira un pizzicotto sul fianco destro. Mi giro di scatto afferrandole la mano.

«Non toccarmi» dico a pochi centimetri dal suo volto.

«Perché fai così?» chiede.

«Non faccio proprio niente».

«Ah no? E tutta questa freddezza?» replica.

«È la stessa che hai avuto te con me per tutti questi mesi» ringhio a dentro stretti.

«Senti mi dispiace ma...», la interrompo e dico: «Nessune scuse, io vivo la mia vita e tu la tua con quel milionario del cazzo».

«Ma che dici? Io e lui collaboriamo insieme, tutto qui» ribatte in tono di difesa.

Vorrei sputtanarla e farle capire che so tutto già da mesi ma sono un signore perciò non le rinfaccerò niente, non adesso perlomeno.

«Non mi interessa più ormai, per me sei morta Melanie lo vuoi capire?» le urlo addosso.

Spalanca gli occhi e si allontana.

Bene, l'ho ferita.

Torno a prestare attenzione alla strada e poco dopo, quando mi rendo conto che la nostra conversazione è davvero finita, giro la chiave dentro il quadro e metto in motore l'auto.

Lei nel mentre si gira dall'altra parte, guardando fuori dal finestrino.

L'intento di scusarmi è tanto, ma non posso farlo. Non così facilmente.

Deve riflettere sui suoi errori perché solo così potrà capire di averne commessi molti, in modo tale da non ripeterli in futuro. Solo quando sarà pronta ad ammetterli a se stessa, sarò capace a scusarmi.

Dopo venti minuti di traffico, tra semafori, incroci e strade principali affollate torniamo a casa.

Lei esce subito non appena fermo la macchina e corre dentro casa.

Quando entra in casa intravedo la madre di Melanie. La guarda preoccupata mentre la figlia scompare al piano superiore. Poco dopo porta lo sguardo su di me. Io faccio lo stesso, guardandola attraverso il finestrino della mia auto e lei, con il suo solito sguardo rassicurante, mi fa cenno di entrare in casa.

Le sorrido a malapena, spengo il motore, scendo dall'auto e prendo tutte le composizioni di fiori per domani. Successivamente entro in casa.

«Jason sei arrivato giusto in tempo per un tè» sento dire da mia madre.

«Grazie ma non mi va».

«Tu e Melanie siete uguali. Ci fosse mai una volta che dite di sì» aggiunge alzando gli occhi al cielo.

Sbuffo e mi siedo sulla poltrona.

«Senti Jason ti andrebbe bene per stasera pollo arrosto insieme a patatine e crocchette?» mi domanda la Charlotte.

«È perfetto» ammetto con un leggero sorriso.

«Sei sicuro? Guarda che non sei costretto a mangiarlo, se vuoi posso anche prepararti qualcos'altro».

«No, mi va benissimo il pollo».

«D'accordo tesoro».

«Non viziarmelo Charlotte perché non posso permettermi mille cose da proporgli proprio come fai tu» dice in tono scherzoso mia madre.

Non fa ridere nessuno la sua battuta, me tantomeno.

«Mamma per piacere» la riprendo con tono severo facendogli capire che non è il momento delle battute.

Lei resta in silenzio e continua a bere il suo tè.

«Collin è tornato?» chiedo a Charlotte.

«Qualcuno ha detto il mio nome?», Collin esce dalla cucina con 2 birre.

«Ecco a te una bionda bello».

Afferro la birra e lo ringrazio.

«Io nel mentre porto i fiori sul furgoncino» dice il padre di Melanie.

«L'hai comprato nuovo?».

«Sì, vuoi vederlo? Potresti aiutarmi a caricare le cose» propone facendomi cenno di uscire.

Accetto ed esco dopo di lui.

«È più grande rispetto a quello che avevo prima ed è anche più potente. Questa volta sono veramente soddisfatto del mio acquisto».

«Da quanto l'hai?», chiedo quando me lo ritrovo davanti.

«Sono quasi 5 mesi» risponde aprendo la parte posteriore. È molto capiente e offre la possibilità di viaggiare in 7.

«Non male come acquisto».

«Vuoi guidarlo?» domanda.

«No, finisco di aiutarti con i fiori e poi me ne torno a casa» confesso posando sul furgone la prima decorazione.

«Come... Non rimani a cena?».

«No». Sembra deluso dalla mia risposta.

«E perché?».

«Voglio starmene da solo».

«È per lui non è così? Ti da noia vederli insieme dopo aver sentito tutto quello che è vociferato su di loro in questi mesi».

«No» mento. È chiaro che mi manda in bestia.

«Dovresti parlarci Jason... Magari...», lo interrompo e dico: «Senti, solo perché abbiamo chiarito ormai sei mesi fa le nostre divergenze non significa che mi farò dare consigli da te».

«Va bene, non insisto ma pensaci perché so che dietro a tutto questo odio c'è ben altro e lo sai pure tu».

«Che intendi dire?».

«Nel tuo disinteresse c'è amore e, malgrado non sia d'accordo su questa relazione, credo che tu debba dirglielo. Alla fine se dopo tutti questi mesi vederla con un'altro ti fa salire l'ira un motivo c'è». Dopo aver terminato di caricare le ultime due composizioni, chiude lo sportello e mi lascia una pacca sulla spalla.

«Non restare a cena se proprio non vuoi, ma almeno rientra e stai un po' con la tua famiglia prima di ripartire da solo per la California» mormora prima di lasciarmi solo sul marciapiede.

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora