Capitolo 53

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Jason

«Eccoci arrivati». Pronunciai quelle parole con freddezza, malgrado non volessi.

«Puoi salire?» mi chiese.

«Non mi sembra una buona idea» le risposi.

«Perché l'ho deciso io vero? Non è così?» ringhiò.

Mi voltai per guardarla. Le avevo rovinato la giornata del matrimonio, non avrei voluto rovinarle anche la sera.

«Non iniziare, è tardi Melanie».

«Non trattarmi come se fossi una bambina».

Quella frase mi colpì.

Non era quello il mio intento, ma già sapevo dove volesse andare a parare questa sera, prima ancora di farla parlare, e io non ero pronto a raccontarle la verità. Rimarrebbe sconvolta e, come se non bastasse, mi odierebbe.

Tornai a guardare la strada senza badare alle sue parole. La vidi di sfuggita incrociarsi le braccia al petto.

«Non vuoi che ti tratti come una bambina e poi la fai? Melanie, hai 20 anni».

«E tu 26, perché mi tratti così? Cosa mi nascondi?».

Mi irrigidii all'istante.

«Non ti nascondo niente e adesso scendi» le ordinai in tono calmo.

«Non uscirò da questa macchina fin quando non mi dirai la verità».

Sbattei la mano contro il volante e la fulminai con lo sguardo. Sobbalzò, ma non sarebbe stato di certo quel rumore a spaventarla talmente tanto da farla scappare via da me. Lei ormai era abituata a tutto questo: alla mia violenza.

«Perché devi sempre insistere? Non ho nessuna verità da confessarti». Le urlai addosso sperando capisse, ma fu inutile.

«Ti conosco meglio della mia famiglia Jason, riesco a capire quando menti. Ti scongiuro, dimmi che cosa sta succedendo».

Il suo tono supplichevole mi fece andare completamente fuori di testa.

«Non te lo dirò un'altra volta, esci da questa cazzo di macchina o ti giuro che lo farò io... E non sarò gentile» la avvertii.

«Pensi di farmi paura?».

«No, ma adesso esci».

È proprio da questo che voglio proteggerla. Lei non deve sapere nulla, ma sta rendendo tutto più difficile.

Non ho mai avuto pazienza con nessuno e forse è per questo che sono rimasto solo e senza amici, ma se una mela nasce marcia rimarrà sempre così.

«Io senza di te non vado da nessuna parte».

«Ah sì? Oggi ti sei fatta rincorre per tutto il giorno e adesso mi stai dicendo che senza di me non esci da questa macchina?».

«Io oggi stavo male e di certo non mi divertivo a giocare a nascondino. Quel rossetto mi ha fatto cadere il mondo addosso, perché nonostante sapessi già di te ed Ana, non trovare tracce riusciva a darmi una speranza in più».

«Ti ho già detto che non è suo, è di una mia amica». Glielo stavo ripetendo per la seconda volta, la seconda cazzo di volta e non riuscivo a capirne il motivo. Non stavamo insieme eppure mi sentivo in dovere di giustificarmi.

«Lo so e ti voglio credere, ma perché continui a non lasciarti andare? Oggi siamo stati bene».

«Non succederà più nulla di tutto ciò». Il mio timbro di voce convinse quasi anche me.

«Credevi che non lo avessi capito?». Sentii il suo sguardo bruciarmi addosso. Era una tortura tutto questo.

«Melanie ti prego scendi». Chiusi gli occhi per cercare di togliermi la sua figura accanto per un attimo.

«Perché mi fai questo? Cazzo, ma almeno degnami di una risposta». La sentii piangere e fu lì che persi il controllo.

«Cristo santo esci da questa cazzo di macchina». Sbraitai e le venne la pelle d'oca.

«Non ti riconosco più». I suoi occhi spalancati mi guardarono e sapevo per certo che erano pronti a giudicarmi.

Porca troia.

«Melanie devi uscire». Strinsi forte il volano davanti a me per cercare di alleviare la rabbia.

«Ti ho dato tutta me stessa e non ti è bastato, cosa volevi di più? Cosa ti da lei che io non posso darti?».

«Lo vuoi proprio sapere?». Mi voltai verso di lei con gli occhi lucidi.

«Sì» rispose sicura di sé senza minimamente aspettarsi la frase che poco dopo sarebbe uscita fuori dalla mia bocca. 

«Un corpo da uccidere».

Scrutai bene la sua espressione al pronunciare delle mie parole. Confusione, panico e paura trasparivano dal suo sguardo.

«C-che?».

«La ucciderò Melanie e quando sarà morta io finirò in carcere, ora capisci perché voglio che mi dimentichi?». La cattiveria, la freddezza e l'ignoranza con cui la stavano trattando erano segno del mio amore malato, un amore che l'avrebbe portata nel fondale del mare, nella parte più oscura di tutte.

Per salvarla l'unico modo che avevo era farmi odiare e allontanarla per sempre da me.

«Jason tu non stai bene...». Lasciò la frase in sospeso e iniziò a toccarsi il petto. Le mancava l'aria e avrei giurato di aver sentito il battito del suo cuore accelerare.

«Lo so, me ne rendo conto anche io, ma non sai da quanto tempo ho desiderato questo momento e ora che tutto sta andando per il verso giusto niente e nessuno mi impedirà di farlo».

«Non ti permetterò di fare una cosa del genere». Mi avvertì continuando a tremare come una foglia.

«Non è una tua scelta e adesso vattene...».

«Ti prego Jason ragiona. Hai futuro davanti a te, puoi avere la famiglia che cerchi e sei amato da tantissime persone...». Quando avvertii il suo intento mi precipitai a fermarla e dissi: «Non dirlo, perché non cambierò opinione. Ucciderò Ana a sangue freddo».

«Perché, cazzo? Perché?». Urlò piangendo.

«Perché sono convinto che sia stata lei a mandare quei bastardi da mio padre» risposi.

«E per quale motivo lo avrebbe fatto?».

«Per vendicarsi. Suo padre è morto un anno e mezzo prima del mio. Tra i due non c'era mai stato un bel rapporto, spesso si scontravano e tornavano a casa con i lividi addosso. Quando si scoprì della morte del padre di Ana, il giorno del funerale, lei venne da noi ad avvertirci che ce l'avrebbe fatta pagare e c'è riuscita. Sono sicuro che dietro la morte di mio padre ci sia lei».

Non ebbi più il coraggio di guardarla negli occhi.

«Jason io capisco quanto possa tormentarti questa cosa, ma hey... guardami». Mi prese il viso con entrambe le mani per voltarmi verso di lei.

«Non sei solo. Ti scongiuro, non farlo».

Nemmeno i suoi occhi, il mio punto debole, riuscirono a farmi cambiare idea.
Nessuno ci sarebbe riuscito.

«Ti ho già detto che non è una decisione tua».

«Io ho scelto te Jason e non mi importa se stai così adesso, insieme ne usciremo vincenti». Provò a baciarmi, ma subito mi staccai e la afferrai per il collo.

«Vattene, perché stare con un assassino non è mai la scelta migliore». E lei per la prima volta, dopo tanto tempo, mi ascoltò davvero. Fuggi via lontana da me ed io rimasi da solo, rinchiuso nella mia macchina, come un lupo solitario.

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora