Capitolo 64

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Jason

Quando quel tunnel buio e infinito giunse al termine, iniziai a vedere la luce all'orizzonte.
Era bella, di un bianco latte e splendente come il colore di una stella.

Avevo paura di aprire gli occhi e accecarmi, ma allo stesso tempo era l'unica cosa che desideravo. Dovevo tornare nel mondo reale per non stare rinchiuso al buio, dovevo tornare dalla mia famiglia, da Melanie che nemmeno per un istante se ne era andata.

Sapevo che infondo a quel tunnel ci sarebbe stata lei, perché più di tutti brillava come non mai.

La stanza in cui mi svegliai metteva tristezza e amarezza, ma non era questo a preoccuparmi.

Perché lei non era lì? Avrei giurato di averla sentita parlare.

«Jason ciao, sono Raphaël, nonché primario di questo reparto. Più di un mese fa hai avuto un brutto incidente e sei stato in coma per tutto questo tempo. Adesso cerca di stare tranquillo, perché ci siamo noi». Quell'uomo stava disturbando il mio risveglio e la speranza di vederla.

«D-dov'è?». Chiesi a malapena.

La gola era secca e le forze non sembravano essere dalla mia parte.

«Non fare sforzi, non parlare». Aggiunse l'uomo.

«Ho c-chiesto dov'è lei...».

«Lei chi?». Domandò l'infermiera mentre mi misurava il polso.

«Melanie».

«La tua fidanzata è fuori, stai tranquillo. Adesso ci prenderemo cura di te e più tardi te la faremo vedere». Scossi la testa e dissi: «Ho bisogno di vederla ora, vi prego».

«Ti sei appena svegliato, non mi prendo la responsabilità se ti succede qualcosa, perciò no».

«Non ho chiesto il permesso a nessuno». Provai ad alzarmi, ma una forte e grossa fitta mi perforò l'addome. Imprecai a voce alta.

«Hai tre costole rotte e una frattura al braccio destro, non puoi muoverti».

Com'è possibile? Era passato un mese eppure il dolore era sempre intenso.

«Devo vederla».

«Ti prometto che te la faremo vedere, ma ascoltaci. Non puoi muoverti, è pericoloso e non hai forze. Più tardi, nell'ora di visita, vedremo di fartela incontrare. Adesso però, ascoltaci».

In quel mese i miei pensieri erano un grande buco nero, ma di una cosa ne ero certo. Quella sera, la stessa in cui la vidi fuggire da me, pensai di averla persa per sempre e solo in quel momento mi resi conto ti quanto fosse importante per me.

Desideravo dirle che non avrei fatto niente di tutto quello che in quei mesi mi era frullato nella mente, ma il destino mi ha giocato un brutto scherzo ed eccomi qui: pieno di lividi, con fasce ovunque e con tre costole rotte.

Ora che era venuta a conoscenza di tutto doveva sapere anche questo. Doveva capire che io non sono un assassino e che una volta uscito da qui sarei andato a farmi aiutare da uno specialista per poter iniziare una vita pulita e sana a livello mentale.

«Vi scongiuro, devo parlarle».

«Jason la vedrai, ma lasciaci lavorare... Non costringerci ad addormentarti nuovamente per farti stare calmo». Il suo tono divenne ancora più duro.

Odiavo non poter ribattere e infondo sapevo che, se solo fossi stato obbedente, avrei avuto la mia rivincita: lei.

Annuii e dissi:«Va bene, ma fate presto perché non ho pazienza».

«Lo abbiamo notato». Replicó l'infermiera che fino a qualche istanze prima era rimasta in silenzio.

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora