Capitolo 17

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Melanie

- Primo marzo, ore 10:30.

Prima di entrare nell'ufficio di quello che a breve sarà il mio capo, tira un bel sospiro di sollievo.

Poco dopo le nocche stanno già premendo sulla superficie della porta. Ad aprirmi è lo stesso ragazzo che mi ha chiamata per comunicarmi del lavoro.

«Venga signorile Long», si sposta da un lato per lasciarmi entrare. Le gambe mi tremano e per questo temo di fare una figuraccia, ma una volta entrata cerco di sentirmi a mio agio il più possibile.

L'uomo difronte a me è girato di spalle, seduto sulla sua sedia mentre fissa fuori dalla finestra.

«Signor Stewart, la lascio con la signorina Long».

Lui si gira e rivolge un sorriso forzato al biondo affianco a me.

Cavolo quanto è giovane! Credevo di ritrovarmi il solito sessantenne intransigente e burbero, invece sembra cordiale dalla faccia. 

Quando ci lascia soli, l'uomo seduto mi fa cenno di avvicinarmi e mi invita a sedere.

«Allora signorina Long, il mio dirigente le ha già spiegato tutto?» chiede incrociando le mani davanti a se.

«Mi ha spiegato il ruolo che coprirò, ma non so ancora nulla» confesso.

«Gliela farò molto breve signorina, perché tra 10 minuti ho una riunione. Da oggi stesso partono 3 settimane di prova, se mi piacerà avrà l'occasione di ricevere un contratto a tempo indeterminato altrimenti tornerà a casa».

Severo ma giusto.

Annuisco e aspetto che continui il suo discorso.

«Appuntamenti, riunioni, colloqui, viaggi e conferenze saranno incaricate a lei. Dovrà pensare a tutto: luoghi, orari, voli e alloggi. Il suo orario varia a seconda degli impegni, ci potranno essere delle volte in cui ho bisogno di averla con me per più tempo il pomeriggio e anche in qualche viaggio di lavoro, per questo le chiedo se è disponibile a venire con me oppure no... Ovviamente a mie spese».

«Senz'altro, non si deve preoccupare di questo».

«Bene signorina. Per me dovrà essere sempre disponibile e vorrei averla in azienda dalle 9:00 del mattino fino alle 18:00 di sera. Chiaramente avrà la sua ora di buco e deciderà lei dove pranzare e nel corso della giornata potrà prendersi tutte le pause che desidera purché le sue ore di lavoro glielo permettano» dichiara.

Quante cose... Penso.

«D'accordo».

«Ha domande da farmi?».

«Al momento no».

«Ottimo, allora direi che il colloquio è terminato», si alza invitandomi a fare lo stesso.

«Mi segua, l'accompagno nel suo ufficio».

Gentilmente apre la porta e mi lascia passare per prima. Dopo averlo ringraziato, lo seguo, ritrovandomi poi davanti il mio ufficio.

«Ecco qui signorina Long, questa sarà la stanza dove passerà la maggior parte delle sue ore. Appoggi pure le sue cose». Cavolo quanto è grande. Mi aspettavo un buco.

Lentamente mi avvicino alla scrivania appoggiandoci la borsa e il giacchetto.

«Come può vedere ha quasi tutto a sua disposizione: una stampate personale, un appendi abiti, una macchinetta del caffè e persino l'aria condizionata che può benissimo regolare da sola attraverso questo telecomando in base alla stagione. Ora è ancora troppo presto per l'aria fresca, ma se ne sentirà il bisogno potrà già azionarla» rivela facendo comparire dalla tasca dei suoi pantaloni un piccolo telecomando bianco.

«Sono freddolosa e credo di sia capito dal mio abbigliamento, perciò attualmente avrò bisogno solo dell'aria calda ma grazie del pensiero» dico scherzandoci su.

I suoi occhi percorrono il mio corpo, scrutandolo attentamente.

«Non avevo fatto caso al suo abbigliamento Miss Long e devo dire che ha delle splendide forme».

Il mio cuore inizia a battere all'impazzata.

«La ringrazio».

Stewart scuote la testa e dice: «Dove eravamo rimasti?».

«L'aria condizionata...».

«Giusto... Beh se non ha nulla da chiedermi, la lascio al suo lavoro. Sulla scrivania ci sono 25 appuntamenti che devono svolgersi in queste settimane, mi programmi tutto e mi faccia sapere» ordina lui.

«Ma certo, mi metto subito a lavoro».

«Bene. Un'ultima cosa... Da domani le sarà consegnata la divisa, mi raccomando... non se ne dimentichi mai» mi avverte.

«Divisa?».

«Sì, non sapeva che ci fosse signorina?».

Scuoto la testa.

«Beh adesso lo sa».

Gli rivolgo un sorriso tirano e annuisco.

«Non ci pensi adesso. La lascio al suo lavoro, se ha bisogno di me sono nel mio ufficio».

«Va bene grazie».

Lui se ne va senza dire una parola ed io rimango dentro quella stanza con mille cose da fare.

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora