Capitolo 74

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Melanie

Ormai erano passate settimane dalla notte che ci aveva cambiati. Con il cuore gonfio di speranza e gli occhi pieni di fierezza guardavo i progressi di Jason.

Finalmente, dopo anni, sembrava che una luce stesse schiarendo il buio che lo aveva avvolto per tanto tempo. Jason aveva deciso di sfidare la sorte e affrontare i suoi demoni, di lottare contro le ombre del passato che lo avevano consumato per tanto tempo.

Si era rivolto a uno dei migliori psicologi della città, aprendo le porte della sua anima ad una persona sconosciuta solo per viversi al meglio il futuro. Sapevo quanto fosse dura per lui, ma ci stava riuscendo. Non era da solo, era circondato da persone che lo amavano, me compresa.

Inoltre, si era iscritto a un centro di riabilitazione, determinato a recuperare ogni briciola della sua vita che l'incidente si era inghiottito.

Le settimane trascorse non erano state facili.
Avevo visto Jason attraversare giorni di sfide e notti di struggimento interiore, ma ogni piccolo passo in avanti era diventato un faro di speranza per entrambi.

Il fastidio alle costole si era alleviato, era quasi scomparso, ma la spalla gli provocava ancora dolore, rappresentando per lui una grande sfida contro la realtà dei fatti. Qualunque cosa facesse si sentiva in trappola e impotente.

Le difficoltà fisiche erano accompagnate da un turbine di emozioni contrastanti, ma Jason si era aggrappato alla volontà di rinascere, di riacquistare il controllo della sua vita.

Infatti, questo non bastò a buttarlo giù, non demorse nemmeno per un istante.

Mentre lo stavo aspettando nel parcheggio mi soffermai a perdermi tra le nuvole bianche del cielo azzurro e tra gli alberi che mi circondavano.

L'attesa sembrò durare un'eternità, ma sapevo che ogni istante era un passo verso un futuro
luminoso, una vita rinnovata per entrambi.

L'autunno era ormai alla porta, l'aria era fredda, ma per lo meno dentro la macchina faceva caldo.
Mi guardai intorno nervosamente, e quando lo vidi uscire fuori dalla clinica mi si riempì il cuore.

Scesi sorridente e lo aspettai.

«Hey». Sussurrò sulle mie labbra.

«Hey». Dissi altrettanto poco prima di baciarlo.

«Grazie per essermi venuta a prendere».

«Di nulla, sali in macchina». Gli ordinai.

Jason aprì la portiera, entrando in macchina. Mentre mi sedevo al volante, sapevo che c'erano ancora molte domande senza risposta, ma per ora, l'unica cosa che contava era la sua presenza.

Insieme tornammo a casa di Jason, il silenzio che regnava all'interno dell'auto era rotto solo dal ronzio del motore.

Quando entrammo nel vialetto illuminato, notai subito qualcosa di strano. La macchina del compagno di Leila... l'avevo riconosciuta dopo averla vista più di una volta in ospedale.

«Ehm... Ti andrebbe di andare in centro?».

«Aspetta... Di chi è quella macchina?».

Cazzo.

«Non lo so, magari di un'amica di tua madre». Cercai di smorzare la situazione, ma lui me lo impedì.

«Non mi convince, voglio scendere».

Provai più volte a farlo tornare in macchina, ma non mi ascoltò. Di scatto scesi fuori dall'abitacolo e lo raggiunsi.

Quando aprì la porta, un suono acuto si senti provenire dalla sala. Jason si fermò di colpo e quando lo raggiunsi mi si sentii gelare il sangue.

Sua madre era seduta sul tavolo con quell'uomo che Jason non conosceva, avvinghiati l'uno all'altro in un momento di intimità.

L'angoscia, la rabbia, il senso di tradimento gli fecero perdere il controllo.

«Ma che cazzo sta succedendo qui?». Gridò, la voce piena di rabbia.

Entrambi saltarono in piedi, cercando di coprirsi con i vestiti rimasti.

«Jason...».

«Come hai potuto...». Le vene iniziarono ad evidenziasi sulle tempie.

«Siediti un secondo, parliamone...».

«Non ci penso nemmeno da morto, sei una grandissima...». Temei il peggio, ma si trattenne.

Non avrei potuto sentire uscire fuori dalla sua bocca quella bruttissima parola.

Leila scoppiò a piangere e l'uomo affianco a lei rimase in silenzio.

Accecato dalla collera, se ne andò e uscì dalla stanza.

Scappò in bagno ed io lo seguii.

«Jason, ascoltami».

«Vattene». Disse a denti stretti.

«No, non ti lascerò solo questa volta».

«Non ho voglia di ascoltarti».

«Perché te la prendi con me? Sono qui per aiutarti...».  Mi fulminò con lo sguardo.

«Giurami che non lo sapevi». Di scattò si alzò in piedi spaventandomi completamente. Mi addossò alla parete, afferrandomi per il collo.

«Jason i-io...».

«Lo sapevo». Futuro le uniche parole che disse poco prima di sbattermi fuori dal bagno con crudeltà.

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora