Capitolo 71

106 7 1
                                    

Melanie

«Stanotte rimani qui?». Mi chiese in tono supplichevole.

«Non posso, devo tornare a casa perché mia madre è da sola».

«Ma tuo padre tra non molto torna».

«È uguale Jason, devo andare».

«Ti prego». Mi scongiurò tirandomi a se. Le sue braccia finirono intorno ai fianchi.

«Jason...». Ripetei nuovamente.

«Dai».

«Sono già rimasta a cena e non avrei dovuto».

«Cosa ti costa?».

«Non mi costa nulla, però mia madre è da sola».

Sbuffò e disse: «Fai come ti pare, ma sono abbastanza sicuro che a lei non farà differenza».

«E tu come fai a saperlo?».

«Vista la nostra situazione sono sicuro che preferisca saperti qui piuttosto che in camera tua a piangere».

«Lo confermo». Annunciò Leila uscendo di cucina.

«Da che parte stai tu?». Chiesi scherzando.

«Da quella di Jason ovviamente. Dai su... Resta».

Sorrisi mentre spostai di nuovo lo sguardo verso Jason.

«Ci penso io a dirlo a tua madre». Proseguì lei.

«Va bene rimango, mi avete convinta».

Il figlio rivolse alla madre uno sguardo complice facendo un'ulteriore smorfia di supremazia.

«Vuoi andare su?». Domandai.

«Sì, ma ho bisogno di una mano a salire le scale».

«Aggrappati a me». Gli presi un braccio per avvolgerlo intorno al mio collo e mentre con l'altro si aiutava con la stampella, posai il mio intorno alla sua schiena per dargli sostegno.

«Grazie». Mi sussurrò tra i capelli poco prima di iniziare a salire le scale.

Ci mettemmo quasi tre minuti a percorrerle tutte. Jason non aveva ancora le costole a posto e questo lo privava di qualsiasi movimento brusco.

La sua situazione era sicuramente migliorata rispetto alle settimane precedenti, ma purtroppo quel dolore non era ancora scomparso del tutto.

Avremmo dovuto aspettare altre quattro settimane per vedere dei risultati migliori.

«Non ce la faccio più ti giuro». Mi confessò sedendosi sul letto.

«Lo so, ma non demordere. Tra qualche settimana starai meglio, puoi solo che migliorare ricordatelo».

«È vero, ma sta diventando fastidioso. Qualunque movimento faccia sento fastidio».

«Vuoi che ti metta un po' di crema?».

«Non fa niente quella crema Melanie». Replicò.

«È vero, l'ha detto anche mio padre, ma può aiutarti». Tentai di convincerlo, ma scosse la testa.

«Questa volta sono io ad insistere».

«Non mi va».

«Ti ho detto che te la passo io, devi solo dirmi dove ti fa male di preciso».

«Va bene, ma prima aiutami a togliermi la maglia».

Con una mossa efficace gli tolsi la maglia senza sfiorare le parti doloranti del suo corpo.
A vedere i lividi che ricoprivano la sua splendida pelle non potevo fare a meno che rattristarmi.

Non gli donavano affatto. 

«Che hai?». Mi chiese con una leggera preoccupazione.

«Odio vederteli addosso». Risposi indicando quelle macchie grigie che piano piano stavano scomparendo.

«Non ci pensare». Mi afferrò per una guancia lasciandoci un dolce bacio.

«Mostrami dove ti fa male».

Lui mi indicò il lato sinistro del suo corpo, precisamente all'altezza del torace.

«Parte da qui e finisce qua». Terminó con la mano sul fianco.

«Ok, lascia fare a me. Sdraiati». Gli ordinai.

Il suo corpo si irrigidì al calore delle mie mani. Temei di provocargli dolore, per questo tentai di allontanare la mano.

«Ferma». Mormorò tirandomi a se.

Avrei dovuto intuirlo fin da subito che il suo piano era un altro.

«Finirai per farti male se continui».

«Sfiderò la sorte». Mi afferrò dietro la nuca e mi costrinse ad avvicinarmi al suo volto.

«Mi sei mancata...». Furono un sussulto quelle parole, ma riuscirono a farmi battere ugualmente il cuore.

Le sue labbra tornarono a posarsi sulle mie dopo più di un mese di astinenza.

Per nulla al mondo avrei voluto rovinare in quel momento, ma non potevo fingere che tutto andasse bene. Dimenticarsi della realtà, anche solo per qualche istante, era da ipocriti.

«Jason non possiamo...».

«E questo chi l'ha deciso?».

«Io». Mi alzai bruscamente dal letto lasciandolo stupito. Sospirò senza emettere fiato.

«Puoi almeno aiutarmi a togliermi i pantaloni?».

Annuii poco prima di aiutarlo a svestirsi.

Mentre feci scorrere i pantaloni lungo le gambe mi rifiutai di osservare la sua erezione.

«Riesci a sdraiarti sotto le coperte?». Chiesi.

«Sì».

«Bene, io vado a lavarmi i denti».

«Va bene, ti aspetto».

Quando mi ritrovai in bagno, provvidi a chiudermi dentro. Mi addossai alla parete della porta e tirai un sospiro di sollievo.

Sentivo ancora quella strana sensazione allo stomaco e nel basso ventre. Le sue mani che mi sfioravano la pelle calda e la sua bocca che divorava la mia.

Era successo tutto così velocemente.

One night more 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora