Capitolo 1

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Berlino, 1942

Lungo il viale erboso, ricoperto di tigli e macerie sparse, della Unter den Linden, l'udito dei passanti veniva attirato verso la Opernplatz, là dove, scalfito dai bombardamenti, sorgeva l'hotel de Rome, massiccio e luminoso nella sua bellezza classica di fine '800.

Le note musicali di un pianoforte accompagnavano l'ingresso dei visitatori, oltre l'atrio in pietra color magenta. La melodia si amplificava con armoniosa leggerezza, espandendosi nel tramonto dell'ampia terrazza panoramica, ricca di piante, camerieri impettiti, di champagne frizzante nelle elaborate coppe di cristallo tenute da donne raffinate e uomini eleganti nei loro smoking neri, in contrasto con le tante uniformi che la gerarchia nazista imponeva nei salotti d'élite.

In un angolo della balconata, una ragazza dai capelli raccolti e tirati sulla nuca, suonava il pianoforte con gradevole raffinatezza. Indossava un lungo e aderente abito di velluto blu, che le lasciava il candido collo scoperto. La sua figura era accarezzata dai raggi rossastri di un sole che batteva infuocato sulla sua chioma ramata. Gli occhi verdi e magnetici, ogni tanto, si voltavano verso la platea, chi seduto; chi in piedi a conversare; chi adagiato a una colonna; chi estasiato nella contemplazione di quel suono dalla cadenza cromatica che introduce un motivo sereno e piroettante, dove gli accordi della mano destra esponevano un episodio di vorticosi arpeggi, imprimendo una ritmica sempre più animata per poi marcare forza e grazia, dando valore al pezzo, così come lo intendeva Debussy nella sua Isola della gioia.

La testa mora di una bella signora vestita di rosso si accostò a quella del suo accompagnatore, non tanto distanti dalla pianista. "Dicono che Debussy si sia ispirato a un quadro di Watteau, che dipinse giovani in partenza per l'isola dell'amore!"

Il distinto signore baciò la mano della sua dama, per poi affermare: "Devo ammettere che questa ragazza interpreta L'Isle joyeuse in maniera magistrale e irreprensibile, degna di Debussy." Scosse, infine, il capo con atteggiamento distaccato. "Peccato, fosse francese!"

A quello scambio di battute, la giovane pianista voltò lo sguardo verso il lato panoramico della terrazza per meglio roteare gli occhi al cielo e sbuffare di noia, per poi rivoltarsi sorridente verso il brusio delle coppie, le cui menti sognanti vagavano nel limbo estatico della sua esibizione.

Inarcò un sopracciglio e spostò gli occhi sulle lancette del suo piccolo orologio da polso. Li sgranò, subito dopo. Doveva sbrigarsi! Quella noia stava andando troppo per le lunghe.

Vagò con lo sguardo alla ricerca di un volto amico e lo trovò. Il colonnello sui cinquant'anni, dal sorriso paterno e le sopracciglia nere sollevate allegramente verso di lei a condividere la sua stessa noia, misero più vigore sulle sue dita, stravolgendo completamente lo stile di Debussy e lasciando che la coppia di prima inghiottisse di traverso lo champagne che sorseggiava.

La guerra aveva recato contributi alla musica. Gli ascoltatori alla radio aumentavano e anche le singole registrazioni venivano distribuite in modo vasto alla popolazione. Ogni cosa, certamente, veniva controllata dal regime, avendo il potere su quali canzoni o testi eseguire e ascoltare.

Klara era brava a scegliere i brani da eseguire per meglio farsi apprezzare e aveva sperimentato una tecnica allegra e romantica nelle sue composizioni, cosicché nessuno potesse modificarle. In questo, i suoi impresari erano stati bravi a imporli e a farli promuovere, aumentando la popolarità della giovane, che, pazientemente, attendeva il giorno in cui avrebbe mandato al diavolo certe convinzioni e dare sfogo alla sua musica. Stava sopravvivendo come molti. Suonare, in fondo, era l'unica cosa che sapeva fare per mantenersi. Fu con tale fermezza, ondeggiando allegramente con il capo, che terminò la sua esibizione con una bella ballata n.3 di Chopin, tanto per tenere su gli animi.

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