Capitolo 58

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Mark rimontò sulla sua automobile e si allontanò velocemente dal Reichstag. I pochi lampioni che illuminavano le vie tra le macerie rimbalzavano sul suo volto frustrato. Doveva rimanere concentrato e la rabbia che nutriva dentro di sé non lo assecondava, affatto.

Se solo si fosse accorto delle intenzioni di Markus ... Quel ragazzo si era intestardito a dare il meglio di sé. Strinse i denti e scosse il capo. No. La verità stava alla base della sua natura umana. L'umiltà, la disciplina, il percorso interiore per collocare le giuste verità e dare risposte alle sue curiosità erano i pregi che lo avvaloravano. Per colpa sua, adesso, quel ragazzo rischiava di morire. 

Gli rimaneva solo una cosa da fare e se l'intuito non gli aveva tirato uno scherzo, allora aveva individuato il suo obiettivo.

***

Un bussare incessante alla porta d'ingresso si propagò all'interno buio di una villetta di periferia. I colpi continuarono fino a raggiungere una camera da letto in penombra.

Un busto femminile si sollevò di scatto dal letto, scuotendo con una mano la spalla dell'uomo che le dormiva accanto.

«Gil!» bisbigliò. «Svegliati! C'è qualcuno alla porta!»

L'uomo si mosse piano, mugugnando infastidito.

«Gil!» insistette la donna.

«Sì, sì! Ho capito!

L'uomo accese la luce del lume sul comodino e si alzò di malavoglia. Indossò la vestaglia, trascinando i piedi pantofolati verso la porta. Giunto nel corridoio, i colpi si udirono più sordi. Si passò una mano tra i capelli scarmigliati e scese le scale fino all'ingresso, ripromettendosi di far passare la voglia di esistere al soldato che lo stava importunando a quell'ora tarda.

Spalancò la porta del tutto sveglio con in faccia stampato un ghigno irritato.

«Si può sapere che diavolo ...»

L'hauptscharfuhrer Wagner si immobilizzò dinanzi all'espressione incollerita dell'amico Mark Huber.

«Mark!» soffiò stupito, annodandosi la cintura della vestaglia attorno al corpo. «Buon Dio! Che ci fai qui alle due di notte?»

Senza badare alla cortesia, Mark lo sospinse dentro e richiuse la porta alle sue spalle.

«Gil! Ho bisogno del tuo aiuto!»

L'amico annuì con aria confusa. «Lo sai che puoi chiedermi quello che vuoi. Mi spieghi, però, che succede?»

«Lo farò, ma non qui. Va a prepararti. Ti aspetto in macchina. E ...» si schiarì la voce. «Chiedi scusa a Eva da parte mia per questa intrusione.»

Mezz'ora dopo i due ufficiali salirono di fretta la scalinata del Dipartimento. Wagner prese un mazzo di chiavi dalla tasca della divisa e dopo averne estratta una la inserì nella serratura della porta del suo ufficio. Una volta dentro attese che l'amico richiudesse la porta e lo fronteggiasse.

«Mi spieghi, adesso, che sta succedendo? Hai corso come se fossi inseguito da un plotone di fucileria!»

«Qualcuno ha fatto sparire un mio uomo dentro le mura del Reichstag!»

Wagner si corrucciò ancor più confuso e Mark rimediò. «Stava prendendo informazioni per mio conto nell'archivio segreto riguardo un omicidio di dodici anni fa per opera dei servizi segreti!»

Gil si portò una mano alla bocca. «Santo Cielo, Mark! Ti è dato di volta il cervello?»

Huber scosse il capo. «Ascolta, Gil!» Prese l'amico per le braccia. «C'è in gioco la vita della mia figlioccia, Klara, e l'omicidio riguarda sua madre. Le danno la caccia e non chiedermi perché.»

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