Capitolo 51

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Con le mani dietro la schiena, adagiata alla porta della camera di Stefan, Klara osservava il giovane, che riflettendosi allo specchio si sistemava i risvolti dell'alta uniforme il cui nero del tessuto contrastava col biondo dei suoi capelli. Gli vide passare un dito sulle mostrine, che adornavano il suo petto. Sapeva quanto ne fosse fiero; quanto gli piacesse navigare per mare; quanto lo facesse sentire libero; quel genere di libertà che un uomo assapora con tutta la sua essenza quando realizza il cavalcare delle onde del suo desiderio. Comprendeva la sua euforia, la stessa che si generava in lei quando le sue dita scorrevano sugli strumenti a danzare con le note.

Stefan la sbirciò attraverso lo specchio. Aveva le spalle lievemente curvate, le mani dietro la schiena e quel piccolo broncio su uno sguardo cupo e abbassato, che la faceva sembrare una bambina in preda a un capriccio. Il suo piede, notò, si muoveva leggermente come se stesse scalciando un sassolino immaginario.

"Vorrei domandarti perché non sei ancora pronta, Klara ..." arrestò le parole, giacché lei scalciò col tacco sul pavimento e sbuffò imperterrita. Si voltò a guardarla e si allontanò dallo specchio per raggiungerla.

"Questa serata è importante, Klara. Mark ci tiene alla nostra presenza ..." Di nuovo, le sue parole furono troncate da una stizzita alzata di spalle. Il ragazzo sospirò.

"Domani partirò, Klara, e questa sera ho intenzione di divertirmi!"

Col capo chino e lo sguardo fisso a osservare le punte delle sue scarpe che giocherellavano tra di loro lei non rispose alla sua richiesta. Avrebbe suonato e lui avrebbe ballato. Lei avrebbe deliziato tutti con la musica, incluso Stefan. Avrebbe preferito suonare la sua musica al Charlotte, piuttosto che trascorrere una serata monotona intrattenendo un'intera società austera di finti adulatori.

Afferrò il suo taccuino e scrisse due righe:

"Vacci senza di me, ti divertirai di più!"

Lui sbatté le palpebre e scosse il capo. "Lo sai che non mi diverto senza di te!"

Un altro biglietto lo mise sull'attenti:

"Sai che bel divertimento suonare per quei manichini lustrati, che si vantano della loro boria. Odio il Reichstag!"

Si stacco dalla parete, precipitandosi nel corridoio. Lui la rincorse. Non le avrebbe permesso di chiudersi in camera. Riuscì ad afferrarla per un braccio prima che varcasse la soglia. Non comprendeva il suo malumore né quello strano capriccio con cui lo stava isolando, di nuovo.

"Perché fai così, Klara?! Non vuoi passare quest'ultima sera con me?" Quella supplica le arrivò come doccia gelata sulla pelle. Avrebbe voluto divertirsi con lui; ballare tutta la notte; estasiarlo con la sua musica. Loro due soli, ma al Charlotte. Desiderava farlo entrare nel suo mondo, impedita da quella costante moralista che emendava una coerenza colma di rettitudine per il ruolo che lui svolgeva.

Lei non era come lui, trasgressiva su quelle regole che avevano piegato gli animi germanici in un'accettabilità di principi gerarchici, che lei non comprendeva e non accettava. Avrebbe voluto ritrovare il suo Stefan, ma non al Reichstag.

Gli fece mollare la presa con uno strattone; gli occhi offuscati dalla delusione e le sopracciglia lievemente ricurve. Stefan sentì un doloroso colpo al cuore, giacché in quella espressione lesse amarezza e rassegnazione, senza sospettare che lui fosse tra i suoi principali pensieri.

Allungò piano una mano, quasi con timore, verso quel viso elfico e triste. Voleva incoraggiarla, motivarla, ma ... la ritrasse al cupo rumore della porta d'ingresso che si apriva e richiudeva con un tonfo.

"Sono arrivata!" si udi dabbasso. "Spero di non dovermene pentire, Stefan. Non è facile domare un uragano come dici tu e non vorrei che Klara mi rovinasse il trucco con le sue delicate unghie!"

LE CORDE DI KLARA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora