Capitolo 17

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... «Dal momento che sono responsabile di tutto ciò che fai, spiegami dove sei stata durante il giorno e perché ho dovuto riprenderti ubriaca al Dicke?!»

Lei scosse la testa e mimò con le labbra: "Non sono affari tuoi!"

Lui le si avvicinò con sguardo accigliato e rigido. «Lo sono, eccome!» assottigliò tra i denti.

Klara lo vide avvicinarsi minaccioso e gli scrisse un altro biglietto: "Stai lontano da me!" lo intimò, indietreggiando.

Lui sorrise arcigno. «Perché dovrei?» la provocò, avanzandole contro con lentezza.

Klara sentì i battiti del suo cuore accelerare e lo sfidò con uno sguardo altero; il mento sollevato quasi con superiorità. Lo apostrofò, mimando malignamente: "Non sei alla mia portata, sommergibilista!"

Lui divenne serio, oscurandosi in volto per quella determinazione schiaffeggiatagli beffardamente. L'afferrò per un polso, sospingendola con forza contro il muro all'ombra del portico. Il suo viso appiccicato al suo.

«Ti è piaciuto, però, quando ti ho incastrata sotto di me!» le soffiò in faccia con un sussurro adirato. Klara sollevò un braccio, non riuscendo a trattenersi dal mollargli un ceffone, ma lui glielo afferrò. «E ti incastrerò ancora sotto di me, perché è quello il tuo posto!» Lei scosse il capo e lui l'ammonì: «Oh sì, elfa incantatrice!» la stuzzicò con perfidia, sovrastato dal suo imbarazzo.

A quelle parole, Klara sentì il proprio volto divenire di fuoco. Scosse il capo e mimò: "Non ti riconosco più!" ammise sconsolata con gli occhi lucidi.

Lui le rise in faccia, deridendola. «Pensavi di aver ritrovato il tuo amico d'infanzia, Klara? Sono un uomo e come tale ho le mie esigenze e i miei desideri. Quindi, non provocarmi. Non hai idea di quanto io sia cambiato!» le sussurrò rauco.

Klara sentì il sangue raggelarsi insieme a un dolore al petto che le frantumò i pensieri, lontani nel percorrere una direzione logica per quanto male provasse. Lui le afferrò il mento con forza, premendo col pollice su quel livido violaceo.

«Te lo chiederò una volta sola: con chi ti sei azzuffata?»

Lei rimase immobile. Essere muta agevolava a mentire; a tenere segreti; a omettere le circostanze e anche a proteggere ... lui! Si rimproverò in tutti i modi possibili ma Stefan non avrebbe cavato un ragno dal buco con quella domanda. Le sue labbra rimasero sigillate e i suoi occhi, avviliti nell'inganno e sconfitti nell'amarezza, lo fissarono freddi e smarriti.

«Non dirmi la verità peggiorerà solo le cose, Klara! Ti avevo avvertita che ti avrei punita!» le ringhiò in un bisbiglio. Spinse il bacino verso di lei. Era gelida e le sue labbra tremavano ma non per il freddo. Le respirò sul collo per darle calore e la sentì inarcare le reni verso di lui, eccitandolo. Il suo cervello sembrò sciogliersi. La ragione lo stava abbandonando. Le prese il volto tra le mani; glielo premette con foga, impazzendo alla vista di quei ricci saltare sul suo viso.

- Dio, com'è bella! - ringhiò estasiato dentro di sé, chiudendo gli occhi e adagiando la fronte sulla sua. E ... la voleva! Desiderava affondare dentro di lei con tutto il suo fuoco. Boccheggiò in un respiro affannoso che soffiò nella sua bocca aperta.

Klara si sentì sciogliere e dominata. Si maledisse perché il suo corpo non riusciva a reagire e lui la confondeva. Gli occhi le divennero due sfere lucide e acquose ma a lui non importò il male che le stava recando, imperterrito ed egoista a raggiungere i suoi scopi.

«Sto perdendo la pazienza, Klara! Come ti sei procurata questo livido? Non raccontarmi la storiella del palo perché mi sono stancato dei tuoi segreti!» le soffiò sdegnoso.

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