Capitolo 56

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Il giorno dopo, Klara era ritta davanti a Visser seduto alla sua scrivania con lo sguardo attonito e perplesso. L'uomo osservò ancora una volta il biglietto, che la ragazza gli aveva messo sotto gli occhi: "Ti pagherò qualsiasi cifra!" e sbuffò.

"Non è una questione di soldi, Klara. Quello che vuoi fare è pericoloso. Prendere in ostaggio uno di quei farabutti richiede tempo!"

Lei si chinò a scrivere di nuovo e il biglietto, questa volta, glielo stirò davanti agli occhi con entrambe le mani.

"Io voglio solo Steiner!"

"L'avvocato che hai aggredito?"

Lei annuì.

Visser rumoreggiò con la sedia, alzandosi.

"Se dovesse andare tutto a puttane, quello lì, questa volta, ti farà impiccare!"

Klara si spazientì e la sua matita scrisse veloce sull'ennesimo biglietto.

"Sono decisa a non lasciarlo andare!"

Come Romel sbirciò il foglietto, sollevò gli occhi sullo sguardo deciso e freddo della giovane. L'ex pugile, infine, cedette, scrollando le spalle nella riflessione che se qualcuno non avesse aiutato Klara, quelle spie non l'avrebbero lasciata andare con il rischio di avere la meglio su di lei. La ragazza aveva ragione. Dovevano mettere fine a quella storia.

"Dammi il tempo di organizzarmi con alcuni amici!"

Si sentì contagiato dal sorriso genuino di Klara, le cui fossette si marcarono nel rossore della sua agitazione.

"Questa volta, però, dovrai dire tutto al colonnello. Abbiamo bisogno di un aiuto esterno!" La vide adombrarsi, ma poi la vide rassegnarsi con un sospiro.

***

Una sera al Dicke, Huber non riuscì a spiegarsi perché Klara, invece di esibirsi nella sua performance musicale, stesse seduta di fronte a lui con sguardo fermo, che si tramutava tra l'implorante e il risoluto, accanto a un ex pugile, il quale impiegava il suo tempo ad affondare illecitamente gli ideali della Germania. Quando entrambi, poi, lo misero al corrente delle loro intenzioni, il colonnello si irrigidì.

"E' un membro del partito" digrignò a denti stretti, sporgendosi verso di loro. "Avete idea di cosa accadrebbe se ci scoprissero?"

Klara scrisse velocemente le sue considerazioni su un foglio. La matita scorreva veloce sulla carta, mentre lei oscillava col capo. Lo faceva sempre quando era nervosa.

Il foglietto rumoreggiò sul ripiano del tavolo, mentre veniva voltato e spinto sotto gli occhi del colonnello.

"Non so se Stefan te lo abbia detto, ma il tatuaggio che Steiner porta sulla mano destra è lo stesso che aveva l'uomo che ha strangolato mia madre!"

Huber deglutì. I suoi denti si strinsero rumoreggiando. Sollevò gli occhi su Klara. L'intensità del suo sguardo, immerso nel dolore dei ricordi, lo lacerarono dentro. Non poteva perdere anche lei. Aveva paura di quell'avventatezza, sebbene sapesse quanto fosse difficile gestire Klara nei suoi proponimenti. Non poteva certo confidarle che dal giorno in cui aveva aggredito l'avvocato lo aveva tallonato ogni giorno, senza, però, cavare alcun ragno dal buco. Il suo profilo identificativo al Reichstag era pulito. Non dubitava, però, delle certezze di Klara.

La giovane stabilì che l'amico fosse combattuto nell'assecondarla, benché avesse promesso a Stefan di tenerla fuori dai guai. Allungò le mani sul tavolo a prendere le sue. Gliele aprì e ci immerse le sue in un caloroso affetto, con occhi colmi di tristezza nel vederlo afflitto per lei, ma anche di coraggio, che non voleva dissiparsi e mai sarebbe avvenuto, fin quando la speranza di trovare la verità l'avesse sorretta inflessibilmente.

LE CORDE DI KLARA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora