Capitolo 5

200 23 334
                                    

Erano le quattro del mattino quando il Kolibrì atterrò su una pista militare. Stefan scese dal velivolo. Reggendosi il berretto con una mano, corse piegato, fuori dal raggio d'azione delle eliche che frustavano violentemente l'aria.

Un ufficiale in alta divisa lo attendeva poco fuori dalla pista, accostato a una macchina nera. Stefan lo riconobbe, non appena le luci dell'auto lo misero a fuoco.

"Colonnello Huber?" alzò la voce per farsi sentire nel frastuono.

"Bentornato, Stefan!" lo salutò il colonnello, facendogli cenno di entrare in macchina. Una volta accomodati all'interno dell'autovettura, Stefan si tolse il berretto e osservò il suo superiore con espressione meravigliata.

"L'ammiraglio Donitz si chiedeva, appunto, chi fosse il bastardo che vanta tanto potere da riuscire a prelevare uno dei suoi ufficiali durante una missione sul Mediterraneo!"

Huber sollevò un sopracciglio, visibilmente inorgoglito. "Nessun potere, figliolo. Diciamo che qualcuno mi doveva dei grossi favori e io ne ho approfittato!"

Stefan sorrise amaramente. "E' questo qualcuno dev'essere parecchio in alto o io non sarei qui, adesso!"

Huber strinse le labbra, annuendo con il solito cipiglio riflessivo, che intendeva sviare i pensieri dei suoi interlocutori. "Parecchio in alto, sì!" rispose, mentre l'auto si avviava.

Il giovane scrutò fuori dal finestrino. Era stato in mare per sei mesi e vedere Berlino, dopo tanto tempo, lo intristì. Era stata violata e deformata dai bombardamenti. Nel silenzio di quelle ore che anticipavano l'approssimarsi dell'alba, parecchie sagome sparse ripulivano i marciapiedi dei vetri e dei detriti. I buchi quadrati in quelle scatole vuote di parecchi piani, sconsolavano l'animo di chi si immergeva con lo sguardo nella desolazione di quelle voragini, profonde e buie.

"Attendo una spiegazione, signore!" proferì Stefan, rivolgendo l'attenzione sul suo superiore.

Huber fece un respiro profondo, inducendolo a togliere quella formalità quando erano soli. "Si tratta di Klara, figliolo!"

Stefan rimase con l'immagine ferma; fissa su di lui. Lei era stata l'ultima persona che aveva pensato quel giorno, prima che il guardiamarina gli passasse la telefonata. Adesso, scopriva di essere tornato proprio per lei?!

"E' stata arrestata due giorni fa!"

Il giovane sputò il fiato come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco. Agitò la testa quasi spazientito, seppur meravigliato. "Com'è possibile? Solo pochi giorni fa l'ho sentita suonare tranquillamente! Dov'eravate voi per permettere che ciò accadesse e per quale motivo poi si è fatta arrestare?" Il suo tono agitato e parecchio alto assordò persino l'autista, il quale gli lanciò un'occhiata attraverso lo specchietto retrovisore.

"Ha aggredito un membro del partito all'uscita della Biblioteca di Stato."

"Che cosa?"

"E' un mio conoscente. Felix Steiner. Klara lo ha incrociato proprio la sera che ci siamo sentiti, dopo la sua esibizione. Gli ha tirato due pugni in pieno viso!"

"Il motivo?"

"Steiner è stato vago!"

"Avete parlato con lui?"

Huber sospirò. "A dire il vero, l'ho convinto a ritirare la denuncia, presumendo che Klara, certamente, lo aveva scambiato per qualcun altro!"

Stefan si stava spazientendo. Neppure uno stolto avrebbe creduto a quella fandonia dopo essersi preso due pugni in faccia. Il ragazzo sentì uno strano fetore nell'aria, ma sorvolò.

"Mi sarei aspettato che fosse stato questo tizio ad aggredire Klara e invece è il contrario! Per quale motivo?" Scattò uno sguardo di rimprovero in direzione dell'amico, attendendo di udire una valida ragione che gli permettesse di fare chiarezza in quella faccenda poco chiara. Possibile che Klara fosse impazzita, aggredendo la gente dal nulla?

LE CORDE DI KLARA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora