Capitolo 25

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Quella sera al Dicke, Huber notò uno strano allontanamento dei due giovani.
Klara rigirava la cannuccia in una bibita, mentre Stefan, seduto di fronte a lei, la guardava accigliato.
Il colonnello sospirò stancamente, intuendo quanto doveva essere stata intensa la loro giornata, per ritrovarsi stanchi e con gli occhi che si uccidevano a vicenda ancor prima che la serata iniziasse.

Di lì a poco, sul palco del Dicke si affacciò una figura femminile, snella, fasciata in un luogo abito nero; le maniche lunghe e strette, sorrette da evidenti spalline imbottite e miriadi di paillettes argentate, che luccicavano ai bordi di una profonda scollatura su un petto generoso. I capelli della donna erano coperti da un elegante turbante di velluto, anch'esso nero, che le valutava la sinuosità del collo. Due profondi occhi nocciola su un volto ben truccato, esprimevano grazia e competenza. Era a suo agio su quel palco e Klara notò con quanta adeguata scrupolosità la donna stesse impartendo il suo orientamento musicale alla piccola orchestra.

Quando il silenzio calò nella platea, la voce della cantante si udì in una modulazione melodica, dolce, per poi divenire a tratti graffiante e acuta in un ritornello che lasciava inchiodati sul posto per come il livello della sua intonazione si alzasse e si abbassasse in un ritmo sillabico corposo. Il range vocale della cantante era omogeneo, dalla nota più bassa a quella più acuta.

Klara rimase incantata dalla vocalità naturale che impiegava nell'esecuzione. Aveva stile nella voce, così come nei movimenti: aggraziati, garbati, eleganti; gli occhi smaliziavano sensuali e provocanti, seguendo con l'espressione la cadenza melodica della base musicale. Era scrupolosa e professionale.

Klara scrisse un paio di bigliettini e poi cercò con gli occhi il tenente Fisher.
Stefan non schiodò gli occhi da ogni suo movimento.
Il collo le si allungava alla frenetica ricerca di qualcuno e ogni volta che voltava lo sguardo i ricci saltellavano capricciosi attorno a lei. Sembrava presa da ciò che la circondava e la cantante aveva attirato la sua attenzione. I suoi impresari le sedevano accanto, rispondendo a ogni domanda che la ragazza poneva.

Non lo aveva guardato né rivolto la parola per tutto il giorno. Non era più uscita dalla sua camera, dovutamente chiusa a chiave. Aveva persino pranzato da solo.
Voleva chiederle scusa. Non avrebbe dovuto rubarle il suo primo bacio, così come non avrebbe dovuto sottrarle ogni sua prima volta: gli abbracci, le tensioni elettrizzanti, le notti insieme.
Era stato possessivo e troppo sicuro di sé e di lei. Non gli dispiaceva che Klara non avesse mai avuto un ragazzo.
Il pensiero che qualcuno l'avesse solo potuta sfiorare lo demoliva dentro, mentre quel bacio era stato tutto suo.

Quella dannata ciliegia, colpevole di quell'irrimediabile peccato, gli aveva scaricato addosso tanti brividi paralizzanti. Per tutto il giorno aveva sentito quei petali soffici sulle sue labbra; il calore della sua bocca; la freschezza della sua lingua, che cercava di sfuggirgli serpeggiando in una prova di resistenza per tenersi ancorata quella ciliegia peccaminosa.

Gli era piaciuto; gli aveva tolto il respiro e voleva che lei lo sapesse.
Stava crollando emotivamente e tutte le certezze che aveva ponderato, le riflessioni che aveva valutato e le convinzioni indomabili che si era imposto, risultarono ingovernabili per la sua mente, ormai, sopraffatta e annientata da una consapevolezza più profonda che il suo cuore aveva imposto.

L'ansia si fece largo nel suo petto, nell'attesa snervante di riportarla a casa e magari, ignorando per ragioni del suo essere le raccomandazioni di sua madre, trascinarla nel suo letto. Al solo pensiero si sentì infuocato nel viso, così come nel corpo.
Si alzò dal suo posto con uno scatto nervoso; i piedi della sedia scivolarono striduli sul pavimento. Tutti si voltarono verso di lui. Tutti, tranne Klara, che con la coda dell'occhio aveva notato la sua irritazione; aveva sentito i suoi occhi sfiorarla, studiarla e inchiodarla per tentare di sondare le sue emozioni.

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