Capitolo 32

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Una sera, varcata la soglia del Dicke, Klara fu investita da un clamore generale, che dai tavoli si sollevava fino agli angoli delle pareti colonnate.

Gli organizzatori sembravano entusiasti per un evento che stava attirando parecchi partecipanti.

La giovane si passò una mano sulla piega dell'abito nero, che le scendeva longilineo sulle curve, fin sotto il ginocchio. Le sue dita poi si misero a giocherellare con la collana di perle che le pendeva sopra il seno.

Il suo sguardo si incuriosì parecchio, adagiato su uno strumento musicale a corde poggiato su quattro piccoli piedi di legno, posto al centro del palchetto davanti al pianoforte. Il corpo di quello strano arnese era formato da una cassa armonica lunga circa due metri. Uno sgabello era accostato nella parte iniziale, più ampia di quella finale. Ogni corda aveva un uguale diametro, tese nella stessa tensione, poggiando ognuna su un ponticello mobile.

Klara sentì la presenza di Egger accanto a sé. «È un koto!» le rivelò l'impresario, scorgendo il suo sguardo incuriosito. «È uno strumento giapponese, chiamato così perché paragonato al corpo di un drago disteso.» L'impresario le spiegò varie cose su quell'arnese, che andava affascinando sempre di più la giovane pianista desiderando di udirne il suono.

«È stata invitata una musicista giapponese, per questo c'è un po' di scalpore. Non aspettano altro che ascoltare la sua esibizione.» Si girò intorno e sbalordendo gli occhi, indicò a Klara il soggetto dell'attenzione di tutti salire sul palco proprio in quel momento.

Klara si meravigliò di quella figura minuta ed esile camminare a passi corti, avvolta in un abito a fasce bianco, puntellato da fiori blu. Era un kimono stretto in vita da un obi color blu notte. I capelli neri erano raccolti sulla nuca in un'elaborata acconciatura, dove lunghi pendenti ondeggiavano da alte forcine, che le reggevano la chioma. Era giovane e bellissima; il viso bianco e le gote arrossate le donavano un aspetto marmoreo. La vide voltarsi verso la platea e chinare il busto in avanti. Con eleganza si accomodò poi sullo sgabello, muovendosi in sincronia con il capo flesso su ogni movimento. Adagiò, dunque, le mani sul grembo e osservò lo strumento in una rigida concentrazione. Lo sguardo rigoroso; la postura eretta.

Con grazia la giovane si allungò per accordare il koto, muovendo sui ponticelli che ne davano l'intonatura.

Ci fu un attimo di silenzio, dove con nobile raffinatezza, la ragazza orientale iniziò a far vibrare le corde, pizzicandole con l'ausilio dei tre plettri fissati ai polpastrelli del pollice, dell'indice e del medio della mano destra. Fu un arpeggio lento e sensuale quello che si amplificò, tenendo sospesi gli animi.

Klara si destreggiò tra i tavoli, ponendosi accanto a Stefan, in piedi, adagiato alla colonna dove si trovava il loro tavolo. Il giovane le rivolse un'occhiata gaia e allungò il dorso della mano per sfiorarle un braccio. La sentì trasalire e rilassare le spalle. Vicino a loro c'era Wilma, la quale le rivolse un sorriso complice. Gettò uno sguardo dietro le spalle della cantante e vide entrare ... sgranò gli occhi ... Gretel! La bionda, vestita di un aderente abito rosso, si fece largo tra i commensali e i bevitori. Tra le volute di fumo si materializzò accanto al Maggiore, arpionandosi al suo braccio.

Stefan sobbalzò, sentendo un corpo morbido stretto al suo e una mano afferrargli il mento per voltarlo a scontrarsi con un paio di morbide labbra tinte di rosso.

«Spero che tu abbia gradito la sorpresa, mio caro. Non volevo, certo, perdermi l'esibizione della splendida fanciulla orientale!» e rivolse un'arcata di sopracciglia in direzione di Klara, la quale le concesse un debole sorriso, abbassando poi lo sguardo per non farlo scorgere tremendamente scosso. Gretel sentì il proprio animo vibrare con una gran voglia di picchiare Stefan.

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