Capitolo 30

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Klara si strinse nel cappotto, mentre saliva rapidamente la gradinata che conduceva negli uffici del Dipartimento della Difesa. Il colonnello la attendeva nel suo studio per rilasciarle un nuovo salvacondotto.

Lungo la rampa, che si inclinava larga e marmorea su una parete ricoperta delle effigi di Hitler, la ragazza si scontrò con il tenente Fisher, rivolto precipitosamente in discesa.

«Klara!» si sbalordì il giovane, mostrando meraviglia sul volto. Klara gli abbonò una pacca sul braccio.

"Kilian" mimò lei, sorpresa.

Il giovane allargò gli occhi con beata soavità nel vedere quelle labbra vermiglie muoversi per pronunciare il suo nome. La sua espressione inebetita intenerì la ragazza. Il soldato non aveva mai manifestato sofferenza per la sua disabilità. La rispettava e non perché temesse il colonnello, piuttosto per la brillantezza che la giovane impiegava in tutto ciò che faceva, senza mostrare disagio. Non aveva bisogno di impegnarsi molto a scrivere per parlare con lui, poiché il tenente era bravo a carpire le parole mimate che lei gli rivolgeva.

Le persone in movimento sulla rampa non permisero ai due di rimanere immobili e il tenente scortò Klara all'angolo di un pianerottolo.

«Stai andando dal colonnello?» le domandò lui, con una mano nella tasca dei pantaloni dell'uniforme e l'altra che stringeva un fascicolo sotto il braccio. Lei asserì, senza abbandonare il sorriso. Alla luce del giorno, il tenente appariva diverso. I suoi lineamenti si distendevano nell'allegria di due fossette, accrescendo la vivacità negli occhi color terra.

Dall'alto della scalinata, intanto, uno sguardo glaciale impietrì Fisher. Il tenente sollevò il volto su due occhi blu scuro che lo stavano folgorando. Tornò a guardare Klara.

«Sarà meglio che vada, Klara, o il maggiore Keller mi incenerirà sul posto.»

La ragazza voltò il capo al di sopra della spalla e strinse gli occhi alla vista di Stefan, il quale non guardava il tenente con particolare simpatia. Voltò lo sguardo su Fisher e lo trattenne per un braccio. Lui le guardò le labbra.

"Recluta alcuni soldati del Charlotte e portali al Dicke!"

Fisher si stupì di quella insolita richiesta. «Che cos'hai in mente, Klara?»

Lei fece spallucce. "Solo divertirmi!"

Il tenente sbatté le ciglia perplesso. «Lo dirai al colonnello?»

Klara mimò una risatina. "Quello lo farai tu, Kilian!" lo rabbonì, toccandogli una spalla con una carezza leggera che lo disorientò, acconsentendo, infine, contagiato dal suo sorriso.

«Vuoi vedermi spedito al fronte?» Questa volta la vide scuotere le spalle in una risata priva di suono ma contagiosa.

«Mi piace come pronunci il mio nome!» si fece udire lui, calamitato da quelle labbra che si muovevano.

Klara intenerì lo sguardo, compiaciuto e dispiaciuto insieme. Kilian non era un cazzone come bonariamente lo aveva giudicato, bensì un ragazzo sensibile dagli atteggiamenti semplici e naturali.

"Ma non puoi udirlo!"

Lui le regalò un sorriso smagliante. «Non importa, Klara. Che tu lo abbai solo pronunciato mi rende felice!»

Stefan, cui non era sfuggito quello scambio labiale colmo di contraddizioni per la sua mente gelosa che non tollerava interferenze nel suo rapporto con Klara, strinse la balaustra con tormentata avversione. Aveva visto muovere le labbra di lei nel pronunciare il nome del tenente e gli sguardi gentili che in seguito si scambiarono i due lo fecero infuocare in un'acrimonia caustica e mordace. Per come fu colto da quella gelosia cocente che lo estenuò nella sua integrità morale, non si accorse che Klara aveva salutato Fisher e continuato a salire la gradinata, ponendosi al suo fianco con occhi colmi di rimprovero. Si sentì tirare per una manica e sussultò.

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