Capitolo 40

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Il sole ormai pallido tramontava all'orizzonte. Il lago intrappolò nel suo specchio il cielo imporporato, striando di fuoco le bianche mura delle case a schiera e scintillando sulle finestre con i suoi raggi dorati. Tuttavia, durò poco. Il tempo mutò improvviso. Le nuvole si addensarono, coprendo il sole. La superficie del lago in lontananza, sembrò divenire opaca e increspata dal vento, che si andava via via sollevando.

Quella sera, dopo aver consumato un pasto veloce, i due giovani si immersero davanti al calore del camino. Il vento sferzava leggero, infrangendosi nelle finestre.

Su una poltrona sedeva Stefan, immerso nella lettura e avvolto dal barlume di una lucerna. Klara prese una coperta e si accoccolò sul tappeto ai piedi del focolare. Il cuore di Stefan reagì spontaneo dinanzi alla sua presenza, distogliendo la concentrazione dalla lettura. La vide scrivere qualcosa sul suo taccuino e decise di chiudere il libro, completamente perso nel riverbero del fuoco che si frantumava su quella chioma rossastra.

Scivolò giù dalla poltrona e si sedette accanto a lei, la quale gli porse il biglietto.

"Come hai fatto ad avere le chiavi della casa?"

Lui la guardò negli occhi. Quel giorno era tornata a essere spiritosa, coinvolgendo entrambi in quegli atteggiamenti spontanei di cui erano soliti trascinarsi nei loro trascorsi fanciulleschi.

«L'ho comprata, Klara!» confessò, imprimendosi nello sguardo l'aspetto più premuroso che riuscì a consentirsi. La vide raddrizzarsi. Un sospiro spezzato le uscì dalle labbra e lui si sentì soggiogato da quel debole suono.

"Perché?" gli mimò con le labbra.

«Perché sono affezionato a questo posto. La casa era disponibile e ci tenevo che tu riavessi indietro i tuoi ricordi!» le spiegò con tono vivace, sollevando le spalle.

Lei accennò l'atto di alzarsi, ma lui la bloccò per un polso. I loro volti illuminati erano così vicini. Il calore del fuoco nel camino si fece a un tratto insostenibile per Stefan, che scorgeva nell'espressione di Klara la tipica reazione di insofferenza, pronta a infervorarsi al solo scopo di torturarlo. Decise si impiegare un atteggiamento caldo su uno sguardo fervente, quasi appassionato.

«Non ti fa piacere, Klara?»

Lei notò un accenno di delusione sul suo volto, carico di quel desiderio che sperava si avverasse nella sua contentezza. Scrollò le spalle, rilassandosi sul tappeto. Non voleva deludere le sue buone intenzioni.

Si osservarono per un tempo che sembrò scorrere lento, avviluppati dalla luce calda delle fiamme scoppiettanti. I loro sentimenti stavano mutando, complice il borgo e ciò che avevano condiviso negli anni della loro infanzia.

Catturato da quello sguardo smeraldino, Stefan fece un grande sforzo, affinché i sensi non lo abbandonassero. Sentiva già il corpo frustrato e avvilito per la vicinanza di lei così accostata a lui. Doveva distrarsi e l'unico modo che gli venne in mente fu smuoverle i ricordi. Dopotutto, erano lì per un motivo!

Sollevò una mano sul suo viso. Fece scorrere il pollice sulla sua pelle morbida, imprimendo un tocco delicato. «Siamo qui per uno scopo, Klara!" la sollecitò con voce insofferente ma decisa. Lei comprese e trattenne il fiato, sollevando lo sguardo sopra la spalla del giovane, nell'ombrosa direzione dell'anta.

Si sollevò in piedi e si diresse verso la vetrina. Stefan la seguì, ma come fece l'atto di accendere l'interruttore , lei lo fermò con un gesto. Prese, dunque, la lucerna già accesa e le andò dietro. Forse, pensò, nel buio Klara riusciva meglio a rievocare quelle vicende, che per la loro complessità avrebbero lasciato un'impronta dolorosa, risvegliando quell'intensa partecipazione affettiva, come se volesse giocare a nascondino coi demoni, scovandoli senza, però, farsi vedere.

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