Capitolo 19

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Anja teneva stretta Klara tra le sue braccia, entrambe sedute sul divano con un colonnello Huber che torreggiava su di loro con sguardo cupo e pensieroso.

Quando quella mattina presto la videro sull'uscio di casa, con il suo violino stretto al petto, il cilindro sulle spalle e gli occhi lucidi di pianto, entrambi sentirono le proprie anime fremere di dolore. Anja l'aveva accolta subito nel suo petto, stringendola forte in quello sfogo muto e singhiozzante. Provava dolore al cuore per non potere udire il suo pianto. Le fece, dunque, udire il suo. Non chiesero spiegazioni; non la forzarono.

Conoscendo i caratteri dei due giovani, i coniugi compresero che uno dei due doveva esserci andato pesante con l'altro e quest'ultimo doveva aver assorbito l'angheria fino all'esasperazione. E per come si era presentata Klara, capirono che Stefan non si era comportato bene.

Con gesto premuroso, Anja premette le labbra sulla fronte di Klara e la sentì tremare. «Tesoro, sei bollente!» La scostò da sé, osservandola con apprensione. Aveva gli occhi arrossati per la febbre a parte essere lividi per l'insonnia.

Klara scrisse qualcosa su un foglio, che mostrò poi alla donna.

"Posso rimanere qui? Farò la brava e non mi metterò nei guai, oppure potrei tornare al Rome, ma non fatemi tornare da Stefan. È cambiato! È cattivo!"

Anja si portò una mano alla bocca, sorprendentemente attonita, mentre con l'altra sorreggeva il biglietto. Allo sguardo della moglie, Mark le sfilò il foglio dalla mano e lo lesse, imperterrito. Trattenne il fiato e si sedette accanto a Klara, facendola voltare verso di lui.

«Che cos'ha combinato quel moccioso? Se ti ha messo le mano add...» non finì di terminare la frase che Klara gli mise in mano un altro biglietto, guardandolo, poi, con le ciglia che battevano su due occhioni innocenti.

"La vampona è rimasta a dormire da lui; hanno fatto gli animali e mi ha costretta a dormire in giardino!"

Anja quasi urlò, sollevandosi in piedi e congiungendo le mani esasperata. Mark, invece, mantenne lo sguardo freddo e serrò la mascella. Si alzò, camminando nervosamente avanti e indietro per l'intero salotto per poi accasciarsi accanto a Klara nel lato occupato un attimo prima dalla moglie.

Klara non aveva detto per bene la verità. Stefan non le aveva intimato di dormire in giardino, ma lei era consapevole che l'emotività premurosa di Mark nei suoi confronti si sarebbe scontrata con l'orgoglio del giovane e già la sua mente si esaltava al pensiero di vederlo schiacciato contro un muro, come lui aveva fatto con lei, e magari gioire nel sentire un colpo schioccante mal riposto sulla sua faccia da pugni.

Anja prese la ragazza per le braccia e la fece sollevare. «Andiamo cara. Saliamo in camera tua. Devi sdraiarti e dobbiamo fare scendere questa febbre!» si sentì suggerire amorevolmente.

Nel frattempo, Mark si precipitò davanti al telefono ma come sollevò la cornetta udì una macchina fermarsi davanti casa. Ricollocò la cornetta e andò ad aprire la porta, giacché immaginava chi potesse essere arrivato a quell'ora del giorno. Il suo volto mutò, divenendo severo.

Spalancò la porta e subito fu investito da uno sguardo spento e due occhiaie profonde, marcate su un volto afflitto. Tuttavia, lo congelò con lo sguardo, mettendosi di lato per farlo entrare. Il giovane si tolse il berretto e si voltò a fronteggiare l'amico.

«Dov'è Klara?» domandò con una lieve nota di implorazione.

«In camera sua!» rispose Mark, bruscamente. «Ha la febbre e Anja la sta aiutando a riprendersi!»

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