Klara giunse a casa dopo il coprifuoco, stupendosi di aver rispettato l'impegno preso con il colonnello. Si meravigliò ancor di più, parecchie ore dopo, avvolta nella vestaglia sotto le coperte, a osservare l'orologio sul comò, le cui lancette avevano appena oltrepassato la mezzanotte.
Il silenzio la urtava, immobilizzandola; le faceva sbattere le palpebre freneticamente e quando regnava assoluto, il suo morale si irritava maggiormente.
Dov'era finito Stefan? I suoi occhi non si scrollavano da quella lancetta lunga e affusolata, che andava scendendo nel quadrante di secondo in secondo.
A un tratto, una chiave che girava le fece rizzare l'udito; una porta che si apriva e si richiudeva la fece drizzare sulla schiena; dei passi lenti e stanchi sulle scale la fecero scattare fuori dal letto, precipitandosi fuori dalla stanza.
Stefan salì la rampa e si fermò, scorgendola immobile e sorridente ad accoglierlo, stringendosi nella vestaglia.
«Scusami Klara, ma sono stanco. Buonanotte!» le rivolse appena, intrufolandosi in camera sua e richiudendosi la porta alle spalle.
Klara si sentì sorprendentemente sbigottita. Non era atteggiamento di Stefan ignorarla in quel modo. Doveva essere successo qualcosa. Non l'aveva neppure guardata, come se si vergognasse a farlo.
Sbatté nervosamente le palpebre e guardò quella porta ben chiusa. Avrebbe potuto fare irruzione con prepotenza e inventarsi qualcosa per farlo adirare. Era diventato così facile, ormai, che spazientirlo la faceva quasi divertire. Sapeva, tuttavia, che quando Stefan si chiudeva in camera sua, era per isolarsi. Quell'atteggiamento le lasciò intendere che qualcosa di spiacevole lo aveva stravolto e che la solitudine era l'unica compagna in grado di schiarirgli le idee.
Klara tornò, dunque, in camera sua, ripromettendosi che l'indomani, in un modo o nell'altro, avrebbe fatto parlare quel marinaio.
***
Quella notte, Stefan rimase a fissare il soffitto. Le parole di Huber ronzavano nella sua mente come un vortice in mezzo al deserto.
Non aveva toccato cibo al Rome. Il suo piatto era rimasto fumante per assopirsi nel gelo. Il suo petto si agitava in maniera ansiosa e sconnessa, temendo ogni parola pronunciata dall'amico.
«Ero stato appena nominato maggiore e inserito nel Reichswahr a difesa del Reich» aveva iniziato a narrare il colonnello, osservando l'interno del bicchiere di vino appena svuotato. «Conobbi Emily durante un colloquio lavorativo. Era molto preparata nel suo apprendistato e volubile su qualsiasi tipo di lavoro le venisse offerto.»
«Era subordinata alle proprie ambizioni. Desiderava affermarsi e distinguersi. Nella sua fervida sollecitudine a compiere ogni lecito dovere, attirò l'attenzione dei funzionari del dipartimento di sicurezza.» Il sospiro che Stefan gli aveva udito era stato colmo di afflizione.
«Iniziammo una relazione. All'epoca io non ero ancora fidanzato con Anja» aveva confessato, torcendosi le dita delle mani. «Durò solo qualche mese. Emily interruppe la nostra storia» aveva scosso il capo, deluso. «Preferì correre verso l'ambizione di affermarsi. Io ebbi timore che potesse mettersi nei guai. In quel genere di lavoro è facile cadere vittime degli inganni, come hai sostenuto tu. Decisi, così, di farmi carico dei lavori da commissionarle.»
Le sue labbra si erano strette. «Qualcun altro, però, aveva posato gli occhi su di lei!» aveva confermato lievemente stridulo, attirando l'attenzione del giovane.
«Klaus Vogel!»
Stefan si era irrigidito al nome del maestro di scherma, che aveva provocato in Klara dei crescenti timori. Lui stesso, quando ne aveva avuto occasione, ricordò come non riusciva a sostenere quello sguardo arcigno colmo di qualsiasi riprovazione.
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LE CORDE DI KLARA
RomanceHallstat, Austria 1930 Un misterioso omicidio viene consumato in un borgo cristallizzato da un lago sotto gli occhi innocenti di una bambina. Nella Berlino della seconda guerra mondiale, la pianista Klara Lindel si ritroverà a percorrere il suo pass...