Capitolo 11

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La debole luce del sole novembrino si diffuse pallida, filtrando attraverso le tende color caramello a infrangersi negli angoli più in ombra della stanza.

Stefan aprì gli occhi lentamente per poi sbatterli con fastidio. Aveva avuto l'impressione di destarsi nella cuccetta del sommergibile ma le sue mani toccarono le lenzuola morbide, il letto era comodo e non rigido come le brande.

Si portò una mano sulla fronte. Erano giorni, addirittura mesi, che non dormiva in quel modo così rilassante. Per fortuna il mal di testa era cessato. Cercò di mettere a fuoco nella sua mente gli avvenimenti del giorno prima, quando la soave essenza di gelsomino gli pervase le narici, stordendolo piacevolmente. Sentì poi diffondersi un gradevole calore al fianco e qualcosa si mosse, facendogli pressione sulla spalla. Allungò una mano sotto le coperte e le sue dita si scontrarono con un'esile schiena. La schiena di una donna. Si corrucciò. Quando avrebbe chiamato Gretel? Strano! Quella schiena piccola non apparteneva a Gretel e quel profumo di gelsomino ...

Allargò gli occhi, del tutto sveglio. Un lampo lo calamitò in una sola immagine. Klara!

Gli episodi della sera precedente gli saltarono veloci nella mente, scombussolandogli il risveglio, ricordando di aver persino ringraziato Dio per essere sopravvissuto a quell'uragano prima di addormentarsi.

Si voltò verso di lei, sollevandosi su un gomito. Con lo sguardo carezzò il suo profilo, scostandole i capelli dal viso addormentato. Il respiro profondo e placido usciva da quella tenera boccuccia a cuore. I suoi occhi si adagiarono sul suo naso e spinto da un impulso irresistibile le sfiorò le lentiggini con la punta del dito, desideroso di constatare le sue reazioni assopite. Ridacchiò divertito, infatti, quando neanche il sonno la trattenne dall'arricciare il nasino e ruotarlo circolarmente. Aveva ragione Klara. Era davvero un moccioso impertinente. La sua insolenza non riusciva a fargli staccare lo sguardo da quei contorni ben definiti che la facevano apparire come una fata. Identica alla dolce fata dalle orecchie da elfo che sorvolava con grazia le acque dell'Hallstatter See a fianco del suo cavaliere addensati dalla nebbia per combattere il drago.

Quei dolci ricordi già affiorati la sera prima gli fecero tornare il buon umore e quel risveglio non apparve più tanto scompigliato.

Tornò a distendersi di lato, avvolgendole il corpo con le braccia e affondando il volto nei suoi capelli, desiderando che tutto questo un giorno non gli venisse a mancare, com'era già accaduto.

La sentì muoversi contro il suo petto e non andava bene! Non riuscì però a smettere di stringerla. Fosse dipeso da lui, sarebbe rimasto così per tutto il giorno, appagato e soddisfatto, anche con la certezza che l'indomani sarebbe andato ad affrontare una morte da soldato.

Le sue dita carezzarono il tessuto morbido di quella vestaglia di velluto bianco e chiuse gli occhi, perdendosi nel calore di quel corpo morbido, stretto al suo petto. E dovette fare un enorme sforzo per richiamare all'ordine il lupo che si stava svegliando sotto di lui. Si morse il labbro inferiore quando poi le sue dita non percepirono alcuno strato di stoffa sotto la vestaglia. Aggrottò la fronte, sciolse l'abbraccio e si sollevò nuovamente su un gomito, intanto che la ragazza, ancora assopita, portava la mano esterna sotto il cuscino per sollevarsi il mento. Quel movimento involontario le fece spostare la vestaglia, scoprendole la spalla. Fievoli lentiggini erano visibili su di essa e Stefan le contemplò, ansioso di rivederle, essendo tra le particolarità che gli erano mancate di lei. Ricordò come da bambino ne rimanesse incantato, sebbene la prendesse in giro. Anch'esse facevamo parte di quell'immagine che invasava il tramonto quando si perdeva in esso insieme alle fiamme dei suoi capelli.

Attonito, scorse la nudità di quella spalla scendere verso l'interno e curioso seguì la linea candida di quella pelle rosea che si intravedeva e ... nulla! Gli occhi di Stefan furono invasi da un lampo di stupore. Non c'era nulla sotto quella vestaglia, neppure un qualche accenno di biancheria intima o, che sapeva lui, una semplice sottana. Nulla! Klara era nuda sotto quell'indumento e lui ... era l'uomo più sfigato del mondo! L'aveva stretta a sé per tutta la notte e non si era accorto di ... nulla?! Ma come poteva essersi rammollito a tal punto?

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