Capitolo 29

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L'alba di quella domenica giunse piovosa quando Klara, non avendo chiuso occhio per tutta la notte, scese in cucina a preparare una deliziosa colazione. Imburrò alcune fette di pane e ci spalmò sopra della marmellata di ciliegie. Ne ricoprì un vassoio, insieme a una caraffa di caffè nero con latte. Poco dopo, salì le scale stando attenta a non rovesciare il contenuto sui gradini. Giunta davanti alla porta della camera del giovane con un gomito spinse in basso la maniglia.

La stanza era in penombra; la pioggia picchiettava sui vetri, scivolando in linee sconnesse fino in basso. Adagiò il vassoio sul comodino accanto al letto, prese una fetta di pane farcito dal vassoio e saltò seduta sul bordo del materasso accanto a lui con l'intenzione di destarlo.

Lo vide muoversi e aggrottare le sopracciglia, disturbato da una qualsiasi intrusione che avesse deciso di interrompere capricciosamente il suo riposo. Sollevò una palpebra, strizzando l'altra per poi passarsi le mani su un viso sconvolto dall'insonnia.

Quando mise a fuoco la figura di Klara seduta al suo fianco, gettò la testa all'indietro con espressione scioccata. Lei gli urtò la spalla con una mano e lui si sfilò il cuscino da dietro la testa, premendoselo sul viso.

«Non ho chiuso occhio, Klara, e voglio trascorrere l'intera giornata a dormire. Quindi, lasciami in pace!»

Era davvero questo che voleva? Se lo chiese Klara, sorpresa, così come se lo domandò lui in una persistenza non tanto convinta.

Lei serrò le labbra con cocciuta ostentazione e gli sfilò il cuscino dalla faccia con sfrontata provocazione. Lui, a quel punto, sollevò il capo di scatto per quell'evidente disturbo e Klara sfoderò un caldo, seppur falso, sorriso, brandendo la fetta di pane nella mano. Solo a quel punto, Stefan sentì l'odore del caffè bollente, scorgendo anche quella fetta di pane invitante scossa dalla mano esile della ragazza.

Afferrò il cuscino e se lo portò dietro la testa osservandola con stimolante audacia, giacché lei stava per addentare la fetta su cui sopra sormontava sfrontata una ciliegia colma di confettura. Si sollevò sui gomiti. Il ricordo gli affiorò doloroso e improvviso, benché lei lo stesse sfidando con imprudente sfacciataggine. Tuttavia, lo sguardo di Klara, attento e curioso, che riversò su di lui era mirato a comprendere il comportamento assunto dal giovane la sera precedente. Non l'aveva neppure guardata, chiudendosi in camera e generando solo sospetti.

Klara sapeva leggere nel suo animo con evidente circospezione, e quell'invito provocante era mirato a scovare le sue debolezze. Stefan non riuscì a eludere quel segugio, che con il suo mutismo era capace di entrare nei suoi pensieri, parlando solo con uno sguardo. Desiderò assecondarla.

«Quella ciliegia è mia!» scandì come la prima volta. Klara trattenne il fiato e il ricordo prepotente di quel bacio affiorò, infuocandole i reni. Sorrise, comunque, non facendosi trovare impreparata. Sospirò sonoramente e Stefan si sentì sciogliere il cuore per quell'unico suono che riusciva a udire dalle sue labbra.

La vide allungarsi sul vassoio e prendere un'altra fetta di pane. Quest'ultima conteneva due ciliegie. Gliela porse e lui sbuffò con impudenza.

«Voglio anche la tua, altrimenti dove sta il divertimento?» Il suo atteggiamento stimolò una provocazione che a Klara parve troppo consistente, tanto da farle prendere la sua ciliegia e riporla insieme alle altre nella fetta di pane del giovane, per poi mostrargli un sorriso di cedevole indulgenza, di quelli che si rivolgono a un bambino quando viene soddisfatto.

Stefan incassò il colpo, sebbene riluttante a evitare controversie discordanti che gli avrebbero stimolato volentieri la giornata.

Afferrò entrambe le fette di pane e le ripose sul vassoio. Inaspettatamente, poi, si sporse ad afferrare lei per la vita, sollevandola di peso per adagiarla al suo fianco. Si sollevò, quindi, su un gomito per sorreggersi il capo con una mano e guardarla dall'alto con affascinante piacere. Klara si imbarazzò ma non distolse lo sguardo da lui.

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