Capitolo 49

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Anya aprì la porta di casa, accogliendo raggiante Klara e Stefan per un pranzo proposto senza preavviso. Le due donne si abbracciarono, mentre Stefan si sfilava il berretto andando alla ricerca di Huber con sguardo ansioso.

Quella mattina aveva ricevuto una strana telefonata dall'amico, il quale, con voce seria su un tono celato dalla preoccupazione, aveva invitato i due giovani, menzionando al ragazzo una notizia che lo riguardava. La curiosità e la trepidazione, in seguito, intrappolarono Stefan nell'incertezza per tutto il giorno.

Il colonnello stava conversando con un ospite, che dava le spalle all'ingresso, il cui volto era però visibile nello specchio antichizzato affisso alla parete alle spalle di Mark.

Klara andò incontro al colonnello e i suoi occhi si posero su quel viso stornato nel riflesso dello specchio. Il suo passo si bloccò all'istante e qualche riccio saltò sulla sua fronte per quell'arresto forzato.

I lineamenti facciali dell'uomo attraverso il vetro erano ingannati dalla fugacità con cui si distorcevano nell'immagine rimbalzante di luce. La ragazza strinse le mascelle, mentre l'uomo si voltava lentamente verso di lei. Il suo sorriso stretto e forzato non aveva abbandonato il cinismo sulla sua espressione e l'indifferenza, che poneva in una morale priva di sensibilità.

Klaus Vogel mostrò un sorriso di fredda consuetudine, improvvisando un disorientamento incredulo e inatteso.

"Da quanto tempo non ci vediamo, Klara?!" esortò, allargando le braccia e ricoprendo con pochi passi lo spazio che li separava.

La ragazza si mantenne rigida a quell'abbraccio, che seppur paternale lo sentì finto come il sorriso dell'uomo.

Quando Vogel si staccò da lei, un ghigno percettibile apparve tra le sue labbra strette. "Non sembri felice di rivedere il tuo maestro, Klara!"

Lei si ravvide. Quella figura serpeggiante dal naso aquilino, che gli graffiava il profilo appuntito, non le era mai stata gradita e seppur rimproverandosi, si scrollò di dosso lo stupore che l'aveva colta. Con sgarbata sfacciataggine prese il suo taccuino, facendo scorrere, subito dopo, la matita sul foglio:

"Quando mamma è morta siete scomparso, maestro Vogel!"

L'uomo lesse con sguardo piatto e con un sospiro paziente aprì la bocca per rispondere, ma lo strappo di un altro foglietto, che si staccava dal blocchetto lo frenò. Klara glielo porse con aria fredda e occhi rigidi fissi sul suo sguardo, sondandolo nelle emozioni.

"Temevate che l'omicidio della mia mamma potesse gettare un'ombra di scandalo sulla vostra immagine?"

L'uomo sbatté le palpebre, trattenendo il fiato. Era decisamente cambiata, Klara, e quel carattere focoso ed elettrizzante, sebbene sovrastato da un mutismo che rendeva giustizia alla sua algida espressione, lo compiacque del risultato dei suoi insegnamenti.

"Mi duole che tu abbia pensato questo di me, Klara!" si difese, tentando di rendere meno severa la ruga arcigna che gli solcava la fronte. "In quel periodo mi trovavo in Olanda per lavoro e quando ho appreso la tragica notizia mi sono messo in contatto con Mark e ..." il tono si fece basso, giacché la vide scrivere con severa energia.

"Anche quando mi hanno sedata e non parlavo più, in quanto mio maestro dovevate starmi vicino, ma non ci siete mai stato!"

Vogel represse l'impulso di accartocciare il biglietto e sospirò, volendo dare l'impressione di caricarsi di amarezza per se stesso. Guardò la ragazza. Conosceva Klara. L'aveva temprata lui, corroborandola in un'atteggiamento saldo e prevaricatore. I suoi insegnamenti erano stati studiati, conducendola in una crescita combattiva per meglio disporsi di uno stato d'animo che fosse stato un riflesso per un'elaborazione di stimoli sensoriali, programmati nel condurla a rintracciare con percezione un ostacolo. Il suo mutismo, in seguito, aveva potenziato questa singolarità e adesso, con lo sguardo fermo su di lui; le palpebre che non battevano ciglio su un capo oscillante in una percettibile inclinazione da destra verso sinistra, per meglio cogliere una debolezza su quella pelle tirata e il mento serrato, lo sbirciava attenta e curiosa.

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