Capitolo Uno

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Ho provato a dimenticarlo.

Si è scolpito nella mia mente e non lo vedo da oltre sei mesi. Riesco ancora a ricordarmi del suo tocco, delle sue mani che esplorano il mio corpo, della sensazione della sua bocca che tocca ogni centimetro di me. É stato in grado di darmi il miglior orgasmo della mia vita.

Riesco ancora a sentire i suoi sussurrii che mi hanno concesso di valicare il limite. Riesco ancora a percepire la stretta allo stomaco mentre mi teneva sul limbo del limite. Lui è una di quei ricordi che ti tormentano, in maniera positiva e negativa.

La mia notte con lui non ruota solamente attorno al sesso. Il mio primo tatuaggio è delicato a lui. Il tatuaggio di una farfalla che entrambi abbiamo sulle nostre mani non aveva fatto male come pensavo, probabilmente perché ero ubriaca in quel momento. 

Per la prima volta ero stata in grado di ridere e di sentirmi bene, senza dover mentire. La passione e l'eccitazione non era potuta, però, durare a lungo. Ho un marito da cui tornare verso il quale provo un immenso senso di colpa. Ho trovato una buona scusa per quel tatuaggio e sulla motivazione che mi aveva tenuta fuori tutta notte e, fortunatamente, lui mi ha creduta.

Sei mesi dopo, lui ancora non l'ha scoperto. Non ho ancora confessato a mio marito di aver fatto il miglior sesso della mia vita con un altro uomo. Che non riesco a togliermi quel Dio greco dalla mente. Alessandro rimarrà per sempre qualcuno di difficile da dimenticare, devo rammentarlo a me stessa.

Un colpo sulla porta interruppe il flusso dei miei pensieri. Alzai lo sguardo dal computer, notando la mia assistente, Joseline. I suoi capelli erano  chiari ed suoi occhi erano due perle blu come l'oceano, mentre indossava una semplice gonna viola fino al ginocchio ed una camicetta bianca completamente abbottonata. "Il tuo appuntamento delle 18:00 è qui."

"Falla entrare," Joseline annuì, tornando alla sua scrivania. Tirai fuori il fascicolo di Miranda dall'armadio dietro di me assieme agli ultimi fogli che dovevo farle firmare.

"Signorina Escarra," mi salutò con un sorriso. Indossava un vestito aderente color caffè che metteva in risalto la sua figura snella.

"Ciao Miranda. Accomodati pure," appoggiai i fogli davanti a me e mi sedetti come aveva fatto lei. "Come stai?"

"Bene, tu?"

"Bene," le sorrisi e lei sistemò la borsetta sullo schienale della sedia. "Ora, per quanto riguarda il tuo caso. Dubito che saremo in grado di raggiungere la cifra che mi hai chiesto per il divorzio. Tuo marito ha accettato di lasciarti la casa, le auto e mezzo milione di dollari. Il giudice riterrà questa proposta alquanto sufficiente."

Si spostò i capelli dietro l'orecchio, spostandosi sul ciglio della sedia. "Lui, Brandon, mi ha tradito ed ha messo incinta un'altra donna finché cercavamo di avere un bambino. Non voglio lasciargli nulla. Non mi arrenderò finché non ottengo ciò che voglio."

Sospirando presi i fogli che avevo preparato, intuendo già quale sarebbe stata la sua decisione. "Lo capisco, davvero. Ma al giudice non interesserà se è stato lui a rompere le vostre promesse matrimoniali. Molti giudici, come quello affidato al caso, vogliono solo passare a quello successivo. Stai spendendo più soldi di quanto necessario."

Appoggiai i fogli, lasciandole un altro momento per pensarci. "Proseguirai, se non accetto?" Trattenendo un sospiro, annuii. "Allora voglio lottare affinché io abbia tutto ciò che voglio." 

Miranda mi diede ulteriori dettagli relativi a Brandon ed io proseguii negli affari legali per oltre un'ora. Una volta terminato, prese la borsetta e si alzò, "Grazie ancora. Ci vediamo mercoledì."

Mi alzai e le strinsi la mano. "Di niente. A mercoledì." Mi sorrise ed io la seguii fino alla porta del mio ufficio. Joseline stava sistemando le sue cose, pronta ad andare a casa. "Passa una buona serata, Joseline."

"Anche lei, Signora Escarra," mi salutò con la mano, prima di andarsene. Tornai nel mio ufficio e riordinai i fogli prodotti nell'ultima ora, sistemandoli nel fascicolo di Miranda e riponendoli nella mia ventiquattrore prima di prendere a mia volta la borsetta ed andarmene.

Appena entrai in auto mi tolsi i tacchi e li appoggiai sul sedile al mio fianco assieme alla borsetta e alla ventiquattrore. Mentre guidavo, la piccola farfalla tatuata sulla mia mano catturò la mia attenzione ed io sorrisi per quel ricordo.

Sei sposata, Athena. Cerca di controllarti.  Feci un respiro profondo e cercai di concentrarmi su mio marito e non sull'avventura di una singola notte. Quando entrai nel vialetto di casa vidi la sua auto parcheggiata fuori, questo significava che aveva terminato prima.

Presi le mie cose e scesi a piedi nudi. Oliver mi sorrise quando entrai ed io appoggiai tutto sul divano. Si avvicinò a me con un bicchiere d'acqua in mano. "Com'è andata la tua giornata, piccola?"

Tornò verso la cucina ed io lo seguii. "Stancante come al solito. Miranda ha deciso di procedere a spada tratta con il suo divorzio."

Posizionò un piatto ricolmo di tacos sul bancone e si voltò per prepararsi anche il suo. "Mi dispiace che tu debba presenziare in tribunale," si sedette al mio fianco, circondando il tavolo pieno di cibo. "La mia giornata è stata piuttosto piacevole, invece. Abbiamo stretto un accordo con la Jameson-Brown Company e siamo vicini anche per concluderlo con un'azienda ancora più potente, la Sinclair."

Sospirai ma sorrisi, tornando a concentrarmi sul cibo che aveva preparato. Lo sentii guardarmi ma decisi di non alzare il volto. "Penso che dovremmo festeggiare," spostò il suo piatto, che non aveva neanche toccato, e mi lasciò un bacio sulla guancia.

Oliver scese a baciarmi il collo, appoggiando la mano sulla mia coscia. "Non ho ancora finito," ridacchiai. Continuò a baciarmi il collo, prima di spostarsi lungo la mia mascella ed io chiusi gli occhi, cercando di non pensare a lui. "Fammi mangiare qualcosa, poi andiamo su," lo baciai velocemente e gli feci l'occhiolino maliziosamente. Lui annuì con un enorme sorriso sul volto.

Mentre si dirigeva al piano superiore, tirai un sospiro di sollievo. Cercavo sempre di evitare di fare sesso con lui dopo ciò che era accaduto, perché mi sentivo in colpa. Non gli avevo ancora confessato nulla ed ogni volta che ci provavo finivo semplicemente col dirgli 'ti amo'.

Dopo aver terminato di mangiare, mi presi il mio tempo per lavare i piatti. Guardai le scale che portavano al piano superiore e mi presi un altro minuto prima di dirigermi verso la camera da letto. Speravo che si fosse addormentato. Entrai in camera e lo trovai seduto sul letto, con lo sguardo puntato sul suo cellulare. Appoggiò il telefono sul comodino e si incamminò verso di me.

Mi sfilò la maglietta e mi fece voltare per abbassarmi la zip della gonna. Eravamo entrambi in intimo, mentre continuavamo a baciarci con passione. Mi sollevò, portandomi verso il letto. Il sesso era stato lento e monotono come sempre, ma non era durato quanto l'ultima volta come avevo sperato. Noi, o meglio lui, era durato tre minuti.

Si spostò al mio fianco, voltandosi verso di me. "Ti amo," gli dissi, mentre cercavo di fargli le coccole.

"Ti amo anche io, ma non ho voglia di coccole, stasera," fece spallucce, scrollandosi le mie mani di dosso.

"Oh," è l'unica cosa che dissi, prima di dargli le spalle. Odiavo tutto questo. Odiavo quando non mi stringeva dopo essere stato dentro di me un secondo. Ma non avevo motivo di sentirmi ferita. L'avevo tradito. Non avevo il diritto di arrabbiarmi perché non mi stringeva a lui. Non mi faceva sentire meglio neanche il fatto che desiderassi un uomo che non era mio marito. Il senso di colpa mi avrebbe mangiata viva.

Un mio problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora