Capitolo Sette

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L'incontro di Brinda in tribunale era stato fissato per il venticinque, tra una settimana esatta da oggi. Eravamo entrambe grate e soddisfatte che il suo caso fosse arrivato in tribunale, avevamo anche festeggiato con un calice di champagne. Quando lo avevo comunicato ad Oliver, avevamo festeggiato con il sesso. Non riuscivo ad evitarlo però mi sentivo, nuovamente, parte estranea del mio stesso matrimonio. Non volevo Oliver sotto di me, volevo Alessandro. Lui era l'unica persona a cui volevo pensare mentre facevo sesso con mio marito.

Non avevamo più parlato da quella notte, nonostante mi chiedesse spesso di vederci. L'avevo sempre evitato dicendogli che ero impegnata, ogni volta. Volevo vederlo, lo volevo davvero, e questo era il motivo per cui non potevo farlo. Avevo già superato il confine per ciò che era successo la scorsa notte e non potevo spingermi più oltre di così. Sii fedele, mi ripetevo nella mia mente ogni volta che mi veniva l'impulso di chiamarlo.

Mi stavo preparando per il pranzo con la mamma di Oliver e dire che ero scocciata era un eufemismo. La mamma di Oliver mi aveva odiata dal primo istante in cui avevo cominciato a frequentare suo figlio ed io la odiavo allo stesso modo. All'inizio avevo fatto di tutto per cercare di raggiungere gli standard che riteneva opportuni per poter frequentare suo figlio, ma ora non poteva fregarmene di meno di quella stronza maleducata.

Avevo posticipato il più a lungo possibile questo incontro, ma per qualche strana ragione sua madre voleva vedermi. Sapendo che odiava gli abiti poco professionali, indossai una minigonna beige che metteva in risalto i miei fianchi, abbinandola ad un corsetto del medesimo colore. Conclusi l'outfit con un paio di stivaletti alti fino alla caviglia, presi la mia Saint Laurent e scesi le scale. "Athena sbrigati! Arriveremo in ritardo."

"Sono pronta, sono pronta." Oliver alzò gli occhi al cielo quando notò cosa stavo indossando. Si era messo una camicia a maniche lunghe blu e un paio di pantaloni grigi, i suoi capelli biondi, invece, erano tirati indietro come sempre.

"Sai che a mia mamma non piace quando indossi queste cose."

"Tua mamma è una stronza," gli risposi, incamminandomi verso l'auto.

"Non ti ha mai mancato di rispetto, quindi non puoi mancargliene neanche tu."

Sbuffando, alzai gli occhi al cielo. "Mi ha letteralmente chiamato troia l'ultima volta che l'abbiamo vista e tu non hai detto nulla," entrai in auto e lui fece lo stesso.

"Non è mai stata maleducata con te dopo quell'episodio."

"Forse perché non l'abbiamo più vista da allora." Mi sistemai il corsetto ed abbassai lievemente la gonna. "Perché vuole vedermi se non le piaccio?"

"Le piaci."

"Certo, raccontanti queste cose per dormire sereno la notte." Oliver era un mammone; le leccava il culo ogni volta che la vedeva. Ignorava il fatto che mi mancasse di rispetto, e lo faceva ogni volta che ne aveva l'occasione. Almeno i miei genitori erano abbastanza maturi da sparlare di Oliver alle sue spalle.

Ci dirigemmo verso un ristorante elegante e lussuoso, sua madre non era mai stata una persona capace di andare in luoghi per persone normali a pranzo, sceglieva sempre il lusso per mangiare. Quando scendemmo dall'auto, mentre mi sistemavo la gonna vidi la mamma di Oliver correre verso di lui ed abbracciarlo stretto.

"Caro! Mi sei mancato così tanto!" Lo elogiò, fingendo di non avermi vista. Rimasi in piedi, guardando altrove, finché i suoi occhi non si posarono su di me. "Athena," mi disse con asprezza.

"Signora Smith," le sorrisi fintamente. Non mi aveva mai dato il permesso di chiamarla con il suo nome, neanche dopo che avevo sposato suo figlio.

Tornò a guardare il figlio con un sorriso genuino e riprese a parlare, "Andiamo a mangiare, d'accordo?" Lui annuì, di fianco a lei, alzando un sopracciglio verso di me per lamentarsi del mio comportamento. Alzai gli occhi al cielo. Ci dirigemmo verso il nostro tavolo e notai un'altra donna seduta lì. Era piuttosto bassa, aveva i capelli castani, degli occhi blu e un bellissimo volto. Si alzò con un sorriso e spalancò le braccia.

Un mio problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora