Capitolo Ventuno

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Alessandro

Io: /13.34/  Ehi, amore, come sta andando?

Io: /13.36/  Non ti sento da un po', sono preoccupato. So che non stai bene, ma almeno mandami un messaggio e dimmi che sei ancora viva.

Io: /13.40/  Devo venire a casa di Serene? Lo farò, mi stai facendo preoccupare.

Athena: /13.43/ Stavo dormendo.

Potei tornare finalmente a respirare quando lessi il suo messaggio.

Io: /13.43/ Ok. Scusa, ero solo preoccupato. Sogni d'oro, piccola.

Athena: /13.44/ Ok, grazie. 

Ero ancora preoccupato, ma leggermente meno sapendo che era a casa di Serene. Le novità del giorno avevano riportato del fatto che fosse stata picchiata a casa sua ed i paparazzi avevano fatto il nome di Oliver come colpevole. Fortunatamente nessuno sapeva che era incinta, questo l'avrebbe fatta stressare ancora di più del dovuto.

"Sta bene," dissi a Jasper e Kano, seduti sul divano di fronte al mio.

"Cazzo amico. Io-" Jasper si interruppe. "Mi dispiace per te e Athena. Non augurerei una disgrazia simile a nessuno."

Kano si alzò e venne a sedersi al mio fianco, dandomi un paio di pacche sulla spalla. "Lo sai tu e lo so io, hai bisogno di sfogarti. Per questo, per tutto ciò che le è accaduto, hai bisogno di esternare ciò che provi."

Mi strinsi la testa fra le mani, "Lo so. Ma devo essere presente per lei ora. Posso aspettare che stia meglio."

Jasper scosse la testa. "No, non è così che funziona. Potrei non conoscere Athena come la conosci tu, ma so che non vorrebbe che ti tenessi tutto dentro per lei. Ha un cuore enorme."

"E diamine, se non riesci a piangere al suo fianco, fallo davanti a noi. Tuo padre potrà aver cresciuto te e Kano con il pensiero che gli uomini non piangono, ma sono sicuro che tua madre sia contraria. Ecco perché Kano è così sentimentale, ora."

Kano gli fece il dito medio e Jasper rise, "Stai zitto. Ma ha ragione. Hai parlato con mamma o papà?"

Scossi la testa, "No, glielo dirò a breve."

"Bene, ci siamo noi con te." Kano mi abbracciò, mentre Jasper mi picchiettò la spalla. "Io e miei ragazzi ci stiamo già accingendo per sistemare la situazione di Nate," mi disse Jasper.

"Vorrei dirgli qualche parola anche io," Jasper annuì. "E grazie, però adesso vorrei rimanere solo," sospirai e li guardai entrambi annuire.

"Certo," si alzarono e si diressero in cucina per portarsi via qualsiasi bottiglia di liquore che avevo in dispensa. Sorrisi internamente per quel gesto. "Ti vogliamo bene, fratello!" Urlarono, uscendo dalla porta.

Abbandonai il capo contro lo schienale del divano e mi soffermai a guardare il soffitto. Avrei voluto Athena al mio fianco, lei sarebbe stata in grado di distrarmi. Prendermi cura di lei mi avrebbe distratto dal bambino. Dal nostro bambino.

Ero cresciuto con gli uomini che non piangevano mai per non sembrare deboli, immaginavo che quella filosofia mi avesse contagiato. Dovevo essere forte per il mio amore, non potevo permetterle di vedere quanto fossi ferito, questo avrebbe soltanto fatto del male anche a lei.

Faceva più male di quanto potessi descrivere a parole perché non avrei mai potuto vedere il suo bellissimo volto. Non avrei mai potuto sapere se assomigliava a me o ad Athena. Non avrei mai sentito la sua voce. Non gli avrei mai insegnato a camminare, non l'avrei mai più potuto vedere crescere.

Un mio problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora