Capitolo Bonus - 1

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3 anni dopo...

Alessandro

Eravamo sposati da tre anni con le nostre bellissime bambine, Amara e Wren. Tutto nella mia vita sembrava volgere al meglio. Mi sentivo completo, felice. Avevo sposato l'amore della mia vita, adottato Wren ed avuto una bambina.

Ma, naturalmente, le cose non potevano perseguire ad essere perfette.

Mamma aveva il cancro. Le era stato diagnosticato due anni dopo che ci eravamo sposati. Aveva lottato per più di un anno e papà, Rosa e Kano avevano speso quanto più possibile per farle avere ogni cura immaginabile. Io andavo all'ospedale in ogni momento libero, portando con me le bambine ed Athena. 

Volevo che lei ci vedesse assieme... Prima che accadesse l'inevitabile. Lo sapevamo tutti. Il suo medico, il Dottor Jennova, ci aveva mostrato i suoi raggi, evidenziando come il cancro stesse continuando ad espandersi, nonostante le cure. C'erano altre tre metastasi rispetto ai giorni precedenti e, nonostante nessuno volesse accettarlo, almeno non fino alla fine, sapevamo che stesse arrivando la sua ora.

Entrai in casa, con l'odore di morte dell'ospedale addosso. Ma ogni sensazione terrificante venne annullata quando sentii la voce della mia bambina. "Papà!" Mi chiamo, correndo verso di me con le braccia aperte, con lo stesso sorriso della madre sul volto.

"Mia principessa," le dissi, prima di sollevarla tra le mie braccia e dargli un grande bacio sulla piccola guancia. Erano le undici, quindi non avevo idea del motivo per cui fosse sveglia, ma immaginavo che anche Athena fosse nei paraggi.

Mi sedetti su uno degli sgabelli, appoggiando Amara sul mio grembo, mentre mi sollevavo le maniche della camicia. "Papà, la vuoi sapere una cosa?"

"Sì, principessa."

Lei mi sorrise, "Mamma ha detto che domani, dopo scuola, possiamo andare a trovare la nonna."

"É fantastico! Le farà piacere vedere te e Wren. Le mancate molto."

Le permisi di prendermi la mano e giocare con i miei anelli, soprattutto quello del matrimonio. "Davvero?"

Annuii, "Sì, come sempre, principessa."

Athena si voltò finalmente a guardarmi e potei notare la rabbia nei suoi occhi trasformarsi in preoccupazione. Riuscivo anche a capire quanto fosse stanca. "Alessandro. Sei in ritardo."

"Lo so, farfallina. Mi dispiace."

Lei sospirò. "L'hai detto anche ieri." Si rivoltò, versandosi un bicchiere di vino. Amara si era addormentata sul mio fianco, così le baciai la fronte, sollevandola ed avvicinandomi ad Athena. Non ero arrabbiato con lei per il suo turbamento. Avevamo avuta una discussione poche settimane fa a causa del mio eccessivo lavoro. Mi aveva fatto promettere che sarei tornato a casa, ogni sera, prima delle 22:30 e, per un periodo, avevo realmente fatto così, ma ultimamente non riuscivo a stare nei termini pattuiti.

"Posso prima portare a letto Amara?" Lei abbassò lo sguardo sulla figlia e, sorridendo, si sollevò per baciarla sulla fronte. Mi sentivo in colpa mentre mi incamminavo al piano superiore, perché riuscivo a scorgere la sua stanchezza. Vedevo quanto era consumata dal prendersi cura di tutti, incluso me. Sapevo che voleva farlo, ci amava ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per noi, ma anche lei era umana. Era stanca. E questo mi faceva male.

Athena mi stava dando la schiena, quando riscesi le scale. Mi incamminai verso di lei, allacciando le mie braccia attorno al suo corpo, sentendomi a casa. Più rilassato che mai. "Ne abbiamo già parlato. Ti ho chiesto di chiamarmi per avvertirmi, qualora non saresti potuto tornare per le 22:30. Non l'hai fatto. Non riesco a vederti stressato per il lavoro, dobbiamo stare bene." Strinsi le braccia attorno a lei, appoggiando il mento sulla sua spalla.

Un mio problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora