Capitolo Ventisette

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Alessandro

Cosa sta facendo Athena?

Non mi aveva chiamato o scritto ed io non riuscivo a non pensare a lei. Mi consumava il pensiero della mia donna e non riuscivo a lavorare se pensavo a lei ogni secondo della mia giornata. "Capo?" Mi chiamò l'assistente, aprendo la porta.

"Quante volte devo ricordarti di bussare, Lauren," sospirai, infastidito dalla sua presenza.

"Le mie scuse," entrò, chiudendosi la porta alle spalle. "Ho notato che sembri essere piuttosto stressato."

"Non sono stressato, sono infastidito. Di cosa hai bisogno?" Si avvicinò ancora, arrivando a toccare l'altro lato della scrivania e cominciò a sbottonarsi la camicia.

"Di aiutarti a rilassarti," voltò la mia sedia così che la guardassi, ma la allontanai. Lei mi guardò confusa.

"Ho una moglie. Non scopiamo da un anno."

"Una moglie? Da quando?" Cominciò ad abbottonarsi velocemente la camicia.

"Non sono affari tuoi. Esci da questo maledetto ufficio." Mi alzai, raggruppando le mie cose, pronto ad andarmene.

"Scommetto che non ti fa stare bene. Non quanto facevo io, comunque. Probabilmente si tratta dell'ennesima puttana." Le afferrai un braccio, stringendolo tra le mie dita.

"Non azzardarti a chiamarla puttana una sola altra volta. E no, non mi fa sentire come mi facevi sentire tu, perché lei non è una troia. Inoltre, la sua vagina non è larga come la tua." Le lacrime cominciarono a rigarle le guance, ma non poteva fregarmene di meno. "Sei licenziata. Lascia questo posto." Le lasciai il braccio , facendola uscire dal mio ufficio, mentre le sue lacrime cadevano sul pavimento.

Avevamo scopato un paio di volte, ma dopo Athena, nessuna donna avrebbe mai più tenuto il mio cazzo tra le sue labbra. Athena aveva rovinato l'opportunità di qualsiasi altra donna e vederle flirtare con me, mi faceva schifo.

Presi le ultime cose ed uscii dall'ufficio, notando che il cielo era ormai già scuro. Dovevo assumere una nuova assistente, ma me ne sarei occupato più tardi.

L'unica persona che avevo in mente era Athena e non vedevo l'ora di vederla. Sorrisi come un bambino in un negozio di caramelle al pensiero di trovarla a casa. Doveva essere davvero impegnata o doveva essersi addormentata per non avermi né scritto né chiamato per tutto il pomeriggio.

Guidai rapidamente fino a casa, senza essere sorprendentemente fermato da nessun poliziotto e mi diressi rapidamente verso la porta. Sollevai le sopracciglia quando sentii il rumore delle risate e della musica provenire dall'altro lato.

Entrando, vidi tutti giocare come dei bambini mentre i miei genitori preparavano la cena. Naturalmente oggi era il giorno in cui avevano deciso di farmi una visita a sorpresa.

Athena era scalza, in piedi sul divano, e muoveva il culo assieme a Rosa, mentre Jasper e Kano lanciavano loro addosso dei soldi. Lei mi notò immediatamente e scese dal divano per rifugiarsi tra le mie braccia. "Ciao, dolcezza," esclamò, posando le sue labbra sulle mie.

"Ehi piccola," le strizzai il culo, baciandola di nuovo. Mi allontanai, con una mano ancora posata sul suo sedere e le sue braccia attorno al mio collo. "Sei ubriaca?"

"Pff, no," ridacchiò, poi singhiozzò, "Brilla."

"Ah," slacciò le braccia dal mio collo quando Kano e Jasper si avvicinarono.

"La tua ragazza ha un bel culo," lo schiaffeggiai sul coppino e Jasper scoppiò a ridere. "Lo dirò ad Athena se mi farai ancora del male," lo colpii nuovamente, andando al piano di sopra e lui cominciò a frignare.

Un mio problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora