Capitolo Trentadue

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Alessandro

Athena si era estesa su più di metà del letto. Era la prima volta che la vedevo dormire come un animale selvaggio. I suoi capelli erano disordinati ed il suo corpo completamente spiaccicato al letto. Era ancora la ragazza più bella che avessi mai visto, non c'erano dubbi su questo.

Era ancora presto; le cinque del mattino per essere esatti. Non avevo intenzione di svegliarla, sapendo della terribile emicrania che avrebbe provato una volta alzata. Mi lavai ed indossai il solito completo nero, mi avvicinai a lei e le appoggiai un bigliettino sul comodino.

Le baciai la fronte e lei sorrise inconsciamente sapendo che fossi io. Chiusi dolcemente la porta ed il mio cellulare comincio a squillare mentre mi facevo strada al piano di sotto, così risposi, "Sì, mamma."

"Ehi, sei libero per tenere Wren oggi? Tua zia me l'ha lasciata ed io e tuo padre dobbiamo prendere un volo oggi." Wren era mia cugina ed aveva sei anni, sua madre si spostava da una parte all'altra del mondo, quindi passava molto tempo con noi.

"Non posso. Devo per forza lavorare."

Lei sospirò, "Okay, d'accordo. La lascerò da Rosa o da Kano. Buona giornata e salutami Athena!"

"Sarà fatto," riattaccai e raggiunsi la mia auto. Riluttante, cominciai a guidare e tirai dritto in azienda.

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Athena

Avrei voluto tagliarmi la testa. Ora come ora rimpiangevo di aver bevuto così tanto.

Presi l'aspirina, notando il bigliettino riposto al suo fianco e la ingerii con un bicchiere d'acqua, appoggiandomi alla testiera del letto. Volevo terribilmente tornare a dormire, ma la mia idea fallì quando sentii arrivare delle notifiche sul cellulare .

Dio, se mi ami, per favore, ti prego, fai spegnere il mio cellulare. Continuò a squillare.

Borbottando aprii gli occhi e guardai lo schermo illuminato. C'erano dei post sulla perdita del mio bambino, alcuni avevano addirittura attribuito la colpa allo stress dovuto dallo scandalo di Oliver. Ero troppo stanca per dare corda a queste false affermazioni. Scrollando i diversi post, vidi alcune foto mie e di Alessandro di quando ci eravamo baciati sotto la pioggia.

Non sapevo come avessero fatto ad avvicinarsi così tanto senza essere notati da nessuno di noi. C'erano altre foto di quando eravamo a fare la spesa che mostravano quanto mi fosse vicino. Mi importava che le persone sapessero della nostra relazione? No. L'avrebbero scoperto comunque. 

Spensi il cellulare ed avendo perso il senso di stanchezza che provavo poco prima, mi alzai. Presi il bigliettino, ed il senso di fastidio che provavo, venne sostituito da un calore e da un amore improvviso.

Dormi come un animale selvaggio, farfallina.                                                                                                            Sono dovuto andare al lavoro, sarò di ritorno nel tardo pomeriggio o stasera.                                      - Tuo, Sandro

Arrossii di fronte al bigliettino, appoggiandolo contro il mio petto e tornai a sdraiarmi sul letto. Il mio umore si era risollevato alla lettura di quel semplice, ma pieno di significato, pezzo di carta.

Dopo un po' di tempo trascorso a rileggere il biglietto, mi feci una doccia calda. L'aspirina cominciò a fare il suo effetto ed una volta uscita dalla doccia, la mia emicrania era praticamente scomparsa.

Dal momento che non avevo nulla da fare, mi infilai un paio di leggings ed un reggiseno sportivo. Ora, tutto quello che avrei dovuto fare sarebbe stato trovare qualcosa con cui intrattenermi per le prossime ore.

Un mio problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora