Capitolo Due

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Mi versai una tazza di caffè, appoggiandomi al bancone della cucina mentre lo sorseggiavo lentamente. Oliver entrò in cucina poco dopo, baciandomi la guancia, prima di arrivare alle mie labbra. "Buona giornata, piccola," disse, afferrando la sua ventiquattrore e la sua tazza. "Ti amo."

"Ti amo anche io. Buona giornata," sorrisi di rimando, lanciandogli le chiavi che stava dimenticando sul bancone. Una volta che uscì dalla porta, risposi al cellulare che aveva iniziato a squillare. "Pronto?" Dissi.

"Buongiorno Signora Escarra," mi salutò Joseline dall'altro lato. "So che oggi è il tuo giorno libero, ma la Signora Dubois mi ha detto che vuole vederti. É urgente."

Sospirando, appoggiai la mia tazza di caffè sul tavolino. "Arrivo il prima possibile." Riattaccai la chiamata e saltellai su per le scale, raggiungendo la mia stanza. Essere uno degli avvocati più famosi della città era estenuante.

Mi infilai un paio di pantaloni neri a zampa larga ed una camicetta nera un po' troppo grande per me. Conclusi l'outfit con un paio di tacchi neri a stiletto e mi arricciai i capelli. Lasciai il mio volto naturale e mi assicurai di aver preso tutto, prima di andarmene.

Quando feci il mio ingresso in ufficio, alcuni dipendenti inclinarono il capo nella mia direzione in segno di rispetto, mentre alcuni si precipitarono di corsa  fuori. Le persone si distinguevano essenzialmente in due categorie: potevano essere gentili o amichevoli oppure maleducate e fastidiose. La maggior parte facevano parte di quest'ultima categoria, ma non sarei arrivata dove sono se non fossi stata gentile per la maggior parte della mia carriera. Più facevi paura, più ti rispettavano.

La signora Dubois, meglio conosciuta come una delle donne più potenti di Atlanta, era seduta in sala d'aspetto con Joseline che la confortava. La signora Dubois era conosciuta per le sue generose donazioni agli ospedali. Possedeva un'azienda multi-milionaria ed aveva una figlia, Bella, oltre che un marito, il Signor Dubois.

Si alzarono entrambe quando entrai e la signora Dubois si asciugò le lacrime. "Signora Escarra," mi salutò Joseline ed io annuii, salutandola e dismettendola. La signora Dubois mi seguì nel mio ufficio e si accomodò, gesto che replicai l'istante dopo.

Le passai una scatola di fazzoletti e poi parlai, "Come posso aiutarla signora Dubois?"

Ridacchiò, tamponandosi il fazzoletto sotto gli occhi. "Per favore, chiamami Brinda." Annuii. "Sono sicura che sai chi sia mio marito. Io- umm..," Cominciò, ma le lacrime che le scorrevano lungo le guance le impedivano di proseguire. Sospirando mi alzai, avvicinandomi a lei ed appoggiai la mia mano sulle sue.

"Si calmi, Brinda. Faccia un paio di respiri profondi e quando si sente pronta, inizi a parlare."

Lei annuì e si asciugò nuovamente gli occhi. "Non è trapelato dai social media, fortunatamente, ma ho intenzione di portare mio marito in tribunale. L-lui...," le sorrisi debolmente e lei sospirò tremante, prima di tornare a parlare. "Lui... Lui mi ha aggredita sessualmente, colpendomi diverse volte in più di un'occasione. Ho bisogno di un avvocato. Un avvocato donna. Tu hai vinto praticamente in tutti i tuoi casi, per favore. Gli uomini non lotterebbero per me, quanto faresti tu."

Prese un altro fazzoletto e si asciugò le lacrime che ricominciarono a scendere lungo le sue guance, mentre le stringevo la mano. Odiavo i casi come questi. I mariti che abusavano delle loro mogli, anche difronte ai propri figli. "Naturalmente. Cominciamo subito se è d'accordo." Lei annuì e sospirò sollevata. "Ti prometto che farò mettere il Signor Dubois dietro le sbarre per il maggior tempo possibile," le strinsi la mano, rassicurandola.

Per le successive tre ore parlammo del suo matrimonio, della prima volta che l'aveva molestata. Mi mostrò i suoi messaggi di scuse in cui diceva che non l'avrebbe più fatto, di perdonarlo. Aveva delle foto per ogni volta che le aveva torto anche un solo capello e lasciatevelo dire, erano molte.

Avevo imparato a non chiedere alle vittime il motivo per cui rimanevano coi loro compagni in queste situazioni particolari. Il più delle volte la motivazione era l'amore o il pensiero di non poter sopravvivere senza di loro. Nelle situazioni come quelle di Brinda, invece, potevano essere i figli la motivazione per la quale non se ne andavano. Quelle del Signor Dubois erano scuse patetiche. 

Sistemai ed archiviai le foto stampate direttamente dal sul cellulare, creando il suo fascicolo personale. "Se mi perdoni la domanda, perché hai scelto di procedere proprio ora?"

Brinda fece un respiro profondo, poi riprese a parlare, "Come ti ho detto, c'è stato un incidente in cui era presente anche Bella. La notte scorsa stavamo discutendo pesantemente e Bella è entrata nella stanza. Zac le stava urlando di tornare in camera sua e quando non l'ha fatto... se l'è presa con lei. In quel momento ho deciso che lei non poteva vivere così. Non posso farla soffrire in questo modo."

Mi doleva il cuore e l'anima nel venire a conoscenza di maggiori dettagli di quell'incidente. Il signor Dubois avrebbe trascorso in carcere il maggior numero di anni possibile. Dopo un'altra ora trascorsa a discutere del caso, ci abbracciammo. Mi ringraziò nuovamente, prima di salutarci definitivamente. Sapevo quanto fosse difficile avere casi come questi, quanta attenzione servisse, ma era una delle persone più conosciute di Atlanta e questo ci avrebbe garantito una maggiore spinta.

Odiavo sapere che le sarebbero state date attenzioni soltanto perché fosse influente, quando invece casi come questi, meritavano davvero di essere esaltati, indipendentemente dalla vittima. La salutai e la abbracciai, gesto che raramente concedevo ai miei clienti. Se ne andò ed io la seguii qualche minuto dopo, dal momento che quello doveva essere il mio giorno libero.

Tornai a casa e studiai il suo caso, misi il cellulare in silenzioso ed ascoltai la musica. Riuscivo a concentrarmi maggiormente con la musica di sottofondo e dal momento che non c'era nessuno, colsi l'occasione. Il caso di Brinda sarebbe stato spiacevole, a dire poco. Suo marito era un narcisista ed un molestatore che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non finire in galera.

Sentivo che se non avessi vinto il caso, non solo avrei fallito nei confronti Brinda e della figlia, ma nei confronti di qualsiasi altra donna che ancora doveva trovare il coraggio di denunciare ciò che le stava succedendo. 

Un mio problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora