Capitolo Trentasette

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Era trascorso qualche giorno dall'ultima volta che avevo visto Wren ed ero preoccupata. Ero contenta che non mi avesse chiamata perché questo significava che stava bene, anche se continuava a rimbombarmi in testa l'ipotesi che avrebbe potuto perdere il mio numero.

Non bisognava essere uno scienziato per capire che Sabrina faceva uso di sostanze. I suoi occhi erano arrossati e il suo corpo tremava in maniera involontaria. Avevo odiato lasciare Wren e farle vivere quell'orrore, ma non potevo farci nulla. Avrei potuto allertare gli assistenti sociali, ma come detto da Alessandro, una volta che sua madre sarebbe stata pulita le avrebbero ridato la custodia e lei sarebbe tornata a farsi.

Oggi era il giorno in cui avrei finalmente incontrato gli avvocati e speravo di ottenere il divorzio da Oliver. Aveva finalmente firmato le carte dopo aver dibattuto sul perché non avremmo dovuto divorziare. Il divorzio era sempre una cosa fastidiosa, soprattutto dal momento che Oliver persisteva nel farmi cambiare idea.

Alessandro dormiva ancora quando uscii dalla doccia. Era così sexy sdraiato di pancia con le braccia incrociate sotto al cuscino. Sospirando entrai nella cabina armadio ed indossai un abito nero con le spalline sottili che mi arrivava appena sotto le ginocchia. Mi infilai un paio di tacchi del medesimo colore ed uscendo dalla cabina, annaspai per la sorpresa.

Alessandro era lì, in piedi, con i soli pantaloni del pigiama addosso, che mi guardava. "Te ne stai andando?" Imbronciai le labbra ed annuii, sentendomi improvvisamente mancare il respiro. "Quanto manca all'inizio della riunione?"

"Um-mm, venti minuti," lui annuì, notando il mio nervosismo. Venni fatta voltare e piegare in avanti in un secondo, il mio vestito fu sollevato fino alla vita.

Il suo respiro caldo mi colpì l'orecchio. "Voglio che pensi a me, mentre stai con lui." I suoi denti morsero la pelle sensibile del mio collo e la sua mano mi spostò gli slip di lato. Gemetti alla sensazione della sua mano lungo la mia fessura. "Di come ti ho scopato la fica -duramente- ancora ed ancora."

Mi infilò un dito dentro ed io mi strinsi in maniera naturale attorno a lui. Mi baciò la spalla, infilando un secondo dito. Con la velocità delle sue dita che entravano ed uscivano da me, stavo già per venire. "Ma dopo la piccola sceneggiata che hai messo in atto la settimana scorsa, non meriti di venire."

Un piagnucolio lasciò le mie labbra, quando lo sentii ritrarre le dita. "Ti odio, fottutamente tanto."

Lui ridacchiò, sistemandomi la brasiliana ed il vestito. "Ti amo anche io." Mi baciò la guancia, senza preoccuparsi di avermi fatto provare la versione femminile delle palle blu. Alzai gli occhi al cielo e mi sistemai le bretelline. "Ti accompagno fuori."

"Vaffanculo." In un istante venni sbattuta contro il muro con i miei polsi incatenati dietro la schiena.

"Ripetimelo ancora un'altra volta." La sua voce profonda ed autoritaria mi mandò una scarica elettrica dritta alla fica.

"Vaffanculo." Mi ero scavata la fossa da sola per quel commento.

La sua mano mi strinse il mento, facendo formare alle mie labbra un broncio. Il mio vestito venne risollevato, i miei slip spostati di lato e tre delle sue dita entrarono in me. "Hai davvero ferito i miei sentimenti, farfallina."

Le mie mani si appoggiarono sulle sue spalla, mentre le sue dita mi penetravano duramente. "Vuoi comportarti da puttana, mm?" Scossi la testa ed annuii al tempo stesso, probabilmente sembravo una completa idiota. Lui ridacchiò, "Piegati."

"M-mi-"

"Ora." Le sue dita uscirono da me e quando notò che non mi mossi, mi fece voltare di forza e piegandomi in avanti. "Sembra che tu abbia delle difficoltà a seguire i miei ordini. Devo insegnarti le buone maniere?"

Un mio problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora