Capitolo Tre

2.2K 52 5
                                    

Nei due giorni successivi mi preparai per il processo. Io e Miranda avevamo discusso del suo incontro in tribunale che sarebbe avvenuto nell'arco di qualche settimana. Non avere altri casi mi aveva garantito di avere il tempo necessario per lavorare sul caso di Brinda. Il Signor Dubois aveva firmato le carte del divorzio senza battere ciglio.

Ero seduta sul pavimento del salotto, il computer era posizionato sul tavolino da caffè in marmo circondato da diversi fogli. Indossavo un completo da notte satinato nero ed i miei capelli erano pigramente legati in una coda.

Questi casi erano molto importanti per me, quindi trascorrevo ogni momento libero a lavorarci su. Dovevo assicurarmi di finire quanto prima le pratiche legali, così da sbrigare velocemente eventuali incontri.

Con il tappo in bocca, firmai il foglio, richiedendo il materiale probatorio al procuratore. Si sarebbero attaccati ad ogni minima cosa pur di vincere la causa, quindi dovevo ricevere quanto più materiale possibile sul loro matrimonio e su di loro, come singole persone.

Nonostante la musica che suonava nelle mie orecchie dalle cuffiette, riuscii a sentire il rumore della porta sbattere. Sobbalzai, rischiando di sbagliare la mia stessa firma. Oliver entrò in cucina, mormorando qualcosa sottovoce. Mi accigliai e lo guardai prendersi una birra dal frigo.

Si avvicinò a me in salotto ed appoggiò la sua ventiquattrore sul divano, allentandosi la cravatta con la mano libera. "Abbiamo lo stesso livello di successo, vero?" Mi chiese ed io sollevai il sopracciglio.

"Presumo di sì. Tu possiedi una tua azienda ed io sono uno dei migliori avvocati della città," feci spallucce, tornando alle mie ricerche relative alla giuria prescelta. Sfortunatamente c'era lui, e con lui intendo il giudice Charles che aveva congedato molti casi di stupro.

"Presumi?" Si sedette al mio fianco. Sospirando, mi tolsi le cuffiette.

"Cos'è successo?" Chiusi il computer e mi voltai verso di lui, così da poterlo ascoltare.

"Allora, stavo pranzando con alcuni colleghi quando i loro cellulari hanno cominciato a squillare. Questo è il momento in cui l'argomento principale, di tipo imprenditoriale, è saltato fuori ed è risultato che il tuo sia più forte del mio. Non puoi capire come mi sono sentito in quel momento."

"Quindi tu sei incazzato perché i ragazzi ti hanno detto che sono meglio di te?"

Bevve un sorso di birra. "Se la metti così suona male."

Sbuffai. "Non dire stronzate. Sembra che il fatto che io abbia più successo di te sia un problema. Vorresti denigrarmi e dire che non lavoro duramente per essere arrivata dove sono oggi?"

Si alzò e si passò una mano tra i capelli. "Non sto dicendo questo, Athena. Perché stai cercando di trasformare questa conversazione in una discussione?"

"Come starei cercando di iniziare una discussione? Non sei fiero del mio successo?" Mi rattristai, sedendomi sul divano.

"Certo che sono fiero di te! Ma non penso che il tuo successo dovrebbe sovrastare il mio," fece spallucce.

"Sarebbe una cosa brutta se accadesse?"

Lui sbuffò nuovamente, alzando gli occhi al cielo. "Se gli altri uomini mi guardano come se fossi debole, allora sì. Sono un uomo e tu sei una -," si interruppe.

"No, per favore. Termina la frase. Sono cosa?"

Sospirò profondamente e si diresse verso la cucina, per gettare il vetro della birra. "Stavo solo dicendo che dovrebbero parlare più di me che di te."

"Sembri davvero un sessista," affermai, seguendolo in cucina. "Perché è così difficile capire, per alcune persone, che altri possono avere più successo di loro? Se fossi in te sarei fiero delle persone che lavorano così duramente per te," conclusi, incrociando le braccia al petto e guardandolo confusa, ma anche ferita. 

Un mio problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora