25 - Shadow of a Smile

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Kara



Sono a pezzi.

Dopo una notte del genere, essere svegliata all'alba è stato traumatico.

Siamo stati tutti convocati nella Sala Grande, dopo gli avvenimenti di ieri notte. La riunione d'emergenza inizierà alle otto in punto. Ma, prima di allora, ho bisogno di un caffè. Forse due.

Nessuno ha dormito. Lo capisco dalle facce che vedo attorno a me al refettorio, dalla lentezza con la quale la fila procede.

Ma questo è anche dovuto alla natura delle vittime. Quasi nessuno dei lavoratori di turno si è presentato. Riconosco solo una delle tre persone dietro al bancone – una donna bionda sulla cinquantina.

L'assenza di Amina mi fa preoccupare. Spero che sia a casa, malata o spaventata. Spero che sia di turno all'ora di pranzo, o stasera.

Mi risveglio al suono della mia tazza che viene quasi sbattuta sul bancone. La prendo, ringraziando, e mi allontano subito per lasciare spazio a qualcun altro.

Inspiro l'odore tipico di tutte le mattine che ho passato qui, di caffè bruciato e tazzine sporche. Dopo uno sbadiglio, le mie orecchie si riempiono dei suoni che caratterizzano ogni caffetteria. I suoni che mi riportano a casa, dietro il bancone del café di Mamma. Alla vita semplice e serena che ho lasciato senza nemmeno accorgermene.

È in giorni come questi che vorrei tornare indietro. Nelle mattine non ancora iniziate, che si prospettano giornate lunghe e faticose. Nel non sapere a che ora andrò a dormire, e nel dubbio che per quel momento ci saranno nuovi mostri a farmi compagnia. Nuovi incubi.

Comincerò ad averne anche su mia madre, se non scoprirò la verità sulla cuoca di nome Amina?

Da quant'è che non parlo nemmeno con Mamma? Forse da Capodanno.

Mi sento in colpa.

Vado alla ricerca di un posto dove sedermi, e noto subito un inconfondibile ciuffo di capelli biondi.

Le parole di James risuonano nella mia testa, ma penso di non averlo mai davvero ascoltato. La sua può essere una bugia, o un'esagerazione. So che il responsabile della forgia è anche il boia della Congrega, ad esempio. So che Ray ha ucciso Edward, a causa del suo ruolo in questo posto. So che non avrebbe voluto farlo. E so che James voleva solo spaventarmi, testarmi.

Eppure, una parte di me rimane convinta che intendesse altro.

Mi avvicino al tavolino accanto alla finestra, facendo attenzione a non urtare contro i vassoi pericolanti nelle mani di gente più assonnata di me.

Mi siedo di fronte a Ray, e lo saluto solo dopo aver preso un lungo respiro. Noto che anche sul suo viso ci sono delle occhiaie più profonde del solito.

La mia faccia deve fare altrettanto schifo.

«Pensi di averci capito qualcosa?» gli chiedo, prendendo a sorseggiare il caffè subito dopo.

Parlo del nostro discorso lasciato a metà, o dell'incidente in generale. Ray è molto più intuitivo di me. Ne sa di più, di questa gente e di questi mostri.

«Il come» risponde Ray. «Quello è abbastanza chiaro.»

Alzo un sopracciglio. Odio quando parla in modo così criptico di quelli che per lui sono dati di fatto. Mi sento trattata come una stupida.

«Quindi?» lo incalzo io.

Lui prende un lungo respiro, come se fosse già stanco di me. «Spirito corrotto» si limita a dire.

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