Ray
Gardner ha chiesto di morire da solo. O, almeno, questo è quello che ho detto a tutti. E sembra che mi abbiano creduto.
Anche ora che sono tornato a riprenderlo, continua a ripetere la stessa cosa. L'ha fatto per la Congrega.
Anche mentre lo trascino fuori dalla cripta, su per le scale a chiocciola, strattonandolo dalle catene che ho usato per legare i suoi polsi. L'ha fatto perché era giusto.
Anche quando lo spintono verso l'altare, e anziché aiutarlo a distendersi lo prendo per i capelli, e sbatto il suo cranio sulla lastra di pietra.
«L'ho fatto per il Maestro» piange lui.
«Posso anche spaccarti la testa, prima di tagliartela» sibilo io.
L'eco dei suoi singhiozzi riverbera per la navata. Se non lo guardo, potrei convincermi che viene dalla donna velata nell'affresco, costretta a guardare suo figlio soffrire in eterno sulla croce di fronte. Davanti ai suoi occhi, ma troppo lontano per salvarlo.
La luce riempie le vetrate di colore, ma è fredda, quando ci raggiunge. Quei raggi di sole sono le dita e gli occhi di un essere menefreghista, che ci ha creati solo per abbandonarci a noi stessi, perché siamo un esperimento fallito.
Scuoto la testa di fronte alla follia di Gardner. Dissociazione, forse? Non si riconosce più come artefice delle sue azioni? O sta davvero parlando di qualcun altro? È davvero convinto di non essere il Maestro?
«Stavi prendendo ordini da qualcuno?» gli chiedo, alzando lo sguardo dalla mia Lángkard, ben affilata e pronta a infliggere il colpo mortale. Ma non è mai troppo tardi per un interrogatorio.
E ci sono tante cose che voglio dire al Maestro Gardner. Tante domande che voglio fargli. E nessuna risposta che voglio sentire. Voglio solo vederlo soffrire.
Proprio come a lui non sono mai interessate le mie preghiere. Solo le mie urla.
«No» risponde Gardner, mentre sale sull'altare gattonando. «Non erano ordini.»
Si lascia cadere sulla schiena con un leggero tonfo, distendendosi come sul lettino di uno psichiatra. Ma non sono qui per capire lui. Sono qui per capire cosa sta succedendo.
Forse, però, devo comunque cercare le risposte nella sua testa, prima di staccargliela.
«Quindi hai deciso da solo?» gli domando, ancora.
Prima che mi risponda, lo prendo di nuovo per i capelli, strattonandolo in modo che la sua testa sporga oltre il margine dell'altare.
Lui sibila dal dolore, ma non protesta, e non prova a liberarsi. «No» risponde, o forse sta già cominciando a pregarmi.
«È stata una tua idea, il quadro elettrico?»
«No.»
«Allora di chi è stata?»
«Del Maestro.»
Sospiro. Mi ci vorrà un po', ma ne vale la pena, o almeno spero. Rinfodero la Lángkard, l'unica che ho qui con me ora – la prima, quella più bianca.
Chiudo gli occhi per un istante, ed evoco lo Spirito.
La luce bianca si attorciglia attorno alla mia mano destra, ma presto la lascio fluttuare nell'aria, e sopra la figura di Gardner. I suoi occhi azzurri si riempiono di panico, la sua gola si stringe attorno a urla che non hanno il coraggio di uscire dalle sue labbra.
Ma l'avranno, presto.
Lo Spirito cade come una sfera di piombo incandescente. Brucia e cuoce la sua pelle, trapassandolo, mentre lui grugnisce come un maiale, e cerca di divincolarsi. Ma ora è incatenato in quel posto dalla colonna di luce che l'ha trafitto come una lancia.

STAI LEGGENDO
The Darkest Thing
Paranormal[Paranormal/Horror] TW: blood, violence, abuse, suicide. Serie Darkest, libro 1 La Congrega di Nipagan Waters esiste per proteggere il mondo dai mostri. Da più di trent'anni, questi esseri incomprensibili, fatti di oscurità, si nutrono di paura e di...